Simulazione multibody di un robot sottomarino biomimetico
Daniele Costa, Giacomo Palmieri, David Scaradozzi, Massimo Callegari - Università Politecnica delle Marche
I Veicoli Sottomarini Autonomi (AUV) sono robot in grado di navigare sott’acqua e svolgere la missione assegnata senza la presenza di un operatore umano nelle vicinanze né di una nave nei pressi dell’area di lavoro. Mentre i sensori istallati a bordo consentono all’AUV di analizzare l’ambiente circostante e di conoscere la propria posizione, requisiti che devono essere soddisfatti per poter operare in modo autonomo, il sistema propulsivo permette al veicolo di muoversi e svolgere così la sua missione. Da un punto di vista energetico, tanto maggiore è l’efficienza del propulsore, tanto minore è l’energia spesa per avanzare nel fluido e dunque maggiore è l’autonomia del robot a parità di riserva energetica imbarcata (batterie).

Negli ultimi vent’anni, l’obiettivo di massimizzare l’efficienza degli AUV ha spinto la ricerca verso l’impiego di sistemi propulsivi bio-ispirati: diversi studi in letteratura dimostrano infatti che le capacità natatorie sviluppate dagli animali marini in migliaia di anni di evoluzione, sono di gran lunga superiori a quanto è in grado di produrre la moderna tecnologia navale [1]. I delfini ad esempio, sono in grado di nuotare senza apparente sforzo sulla scia delle grandi navi in navigazione a più di 20 miglia nautiche all’ora. Di conseguenza, numerosi prototipi di robot pesciformi sono stati sviluppati in tutto il mondo, molti dei quali sono descritti in [2]. La possibilità di eguagliare le prestazioni propulsive degli animali aquatici dipende dalla comprensione delle complesse interazioni fluido-struttura alla base della meccanica del nuoto. Servendosi delle più avanzate tecniche di simulazione e misurazione, i ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di quantificare le prestazioni dei sistemi biologici, in particolare la spinta di avanzamento e l’efficienza propulsiva. La Fluidodinamica Computazionale, CFD, consente ad esempio di calcolare le forze e le coppie generate dal moto relativo tra il corpo del nuotatore – sia esso biologico che artificiale – e il fluido circostante. Le analisi numeriche CFD permettono inoltre di esprimerne i risultati in forma di coefficienti, in funzione di pochi parametri adimensionali caratteristici del fenomeno in studio e pertanto, in base al Teorema di Buckingham, di adattarli a molteplici scenari, riducendo così il numero di simulazioni necessarie e conseguentemente i tempi di calcolo.
Lo studio di sistemi biomimetici di propulsione per la robotica sottomarina è stato portato avanti negli ultimi anni dal gruppo di Meccanica delle Macchine dell’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con il Laboratorio di Modellistica del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Questa attività è stata oggetto di progetti di Dottorato e tesi di laurea triennale e magistrale. L’obiettivo del lavoro svolto è stato la progettazione di un pesce robotico autonomo da utilizzare per il monitoraggio e la documentazione dei fondali marini. In questo articolo verranno quindi presentate le tecniche di modellazione e simulazione multibody che hanno consentito agli autori di analizzare le prestazioni natatorie del robot in studio e di ottimizzarne alcuni componenti a parità di altre condizioni come la velocità di crociera.
2. Il pesce robot Dory
La progettazione di un robot sottomarino biomimetico richiede un approccio multifisico che consiste nell’integrazione delle seguenti tecniche e discipline: meccanica delle macchine, per lo studio e sviluppo di meccanismi necessari alla movimentazione delle parti mobili del robot. Fluidodinamica Computazionale, per il calcolo delle forze e coppie propulsive generate dall’interazione tra il veicolo e il fluido circostante. Analisi multibody, per la simulazione della dinamica del robot completo di tutte le sue parti. Teoria dell’Automazione, per la pianificazione e controllo di traiettorie e degli attuatori. In questo articolo verrà mostrato come queste tecniche e discipline siano state efficacemente integrate in una piattaforma multifisica che ha consentito di ottenere un modello completo e sufficientemente accurato del robot e dei suoi sistemi e quindi di progettarlo e realizzarlo sulla base dei risultati ottenuti in simulazione.
Una delle attività svolte dagli autori ha riguardato l’analisi CFD della pinna caudale del pesce robotico ostraciiforme Dory, mostrato in figura 1 e realizzato presso i laboratori dell’Università Politecnica delle Marche. Nella locomozione ostraciiforme, il corpo del nuotatore è rigido mentre la pinna caudale oscilla con legge di moto armonica, generando la spinta di avanzamento. Il prototipo in oggetto è perciò formato da due parti: la sezione frontale, composta da un corpo cilindrico in alluminio e Delryn, il cui scopo è contenere l’elettronica di bordo e il pacco batterie; la sezione di coda, o sezione propulsiva, contenente la pinna caudale e il suo sistema di attuazione (motore, trasmissione) [3]. Il modo più semplice per dimensionare quest’ultima sezione è eguagliare la potenza resistente a quella propulsiva: in altre parole, il lavoro per unità di tempo della coppia fluidodinamica applicata alla pinna, moltiplicato per l’efficienza propulsiva della locomozione ostraciiforme, deve bilanciare il prodotto tra la resistenza idrodinamica e la velocità media di avanzamento [3]. Sebbene questo metodo consenta di dimensionare la pinna e il suo azionamento in modo parametrico, esso non tiene conto della potenza delle forze idrodinamiche applicate al corpo del robot: viene considerata infatti solo la resistenza esercitata dalla sua superficie frontale, come se si approssimasse il veicolo con un corpo puntiforme; inoltre, la procedura descritta permette unicamente di stimare la velocità media di regime, mentre non consente ad esempio di risolvere né il transitorio di accelerazione, né di calcolare l’oscillazione del corpo (recoil) a cui è associata un’ulteriore spesa di potenza.
Un metodo più completo è stato utilizzato dagli autori di questo articolo in [4], dove la caratterizzazione numerica della pinna è stata inserita nel modello multibody del robot in figura 1.
Le tecniche multibody sono particolarmente adatte a risolvere la dinamica dei robot pesciformi caratterizzati da una sezione frontale rigida, il corpo, e da una di coda formata da un meccanismo a catena cinematica aperta, composto cioè da uno o più membri collegati in serie da coppie rotoidali. I modelli risultanti dall’applicazione delle forze idrodinamiche ai sistemi multibody precedentemente descritti possono essere utilizzati per risolverne la dinamica in condizioni differenti, ad esempio al variare della frequenza di oscillazione della coda e/o pinna, mentre i risultati ottenuti possono essere sfruttati per ottimizzare la geometria e la distribuzione di massa del robot. Inoltre, gli stessi modelli possono essere importati negli ambienti di simulazione maggiormente adatti all’implementazione di strategie di pianificazione e controllo della traiettoria. Riassumendo: i software multibody costituiscono la base della piattaforma di modellazione e simulazione multifisica a cui si accennava precedentemente, un framework in cui integrare modelli numerici e/o sperimentali ottenuti con simulazioni e prove lunghe e costose (CFD o altre tecniche) e modelli analitici disponibili in letteratura o sviluppati ad hoc per il caso in studio. Nel seguito di questo articolo verrà quindi mostrato come la creazione di un modello multibody sviluppato utilizzando MSC Adams, abbia consentito agli autori di prevedere le prestazioni propulsive del robot in figura 1 e di svolgere un’analisi di sensibilità rispetto alla frequenza di oscillazione della pinna e alla distribuzione delle masse interne ed esterne, allo scopo di progettare e ottimizzare sia la sezione frontale che quella di coda del veicolo.
3. Modellazione multibody
Come premesso, l’obiettivo di questo lavoro è realizzare un modello multibody sufficientemente completo e accurato da consentire la progettazione del robot utilizzando le previsioni fornite dalla simulazione della sua dinamica. Nel seguito ci si concentrerà esclusivamente sul moto nel piano orizzontale del veicolo; in altre parole, si ipotizzerà che il robot sia dotato di un sistema che gli consente di raggiungere una data profondità e di mantenerla indefinitamente. La descrizione di questo sistema è reperibile in [3]. Per modellare la dinamica del veicolo nel suo piano orizzontale occorre scriverne le equazioni di Newton-Eulero introducendo in esse le forze e le coppie esterne applicate: in particolare, quelle dovute al moto relativo tra corpo e fluido e quelle dovute al moto relativo tra pinna e fluido.
Come anticipato precedentemente, le analisi numeriche svolte dagli autori hanno permesso di esprimere le forze e la coppia generate dalla pinna in funzione della frequenza e ampiezza di oscillazione, della sua geometria e infine della velocità relativa tra il fluido e la pinna stessa. La forza propulsiva generata dalla pinna è comunemente scomposta in due componenti: la componente longitudinale, cioè la spinta FT, diretta come la velocità relativa tra pinna e fluido, e quella trasversale FL, che è perpendicolare alla prima. La coppia propulsiva MP è invece normale al piano individuato dalle direzioni di FT e FL. Interpolando i risultati delle analisi numeriche CFD si ottengono i seguenti modelli delle forze e della coppia propulsiva in funzione dei già citati parametri geometrici e cinematici:
1)
dove ρ è la densità del fluido ed U è la sua velocità relativa rispetto alla pinna, S è la superficie di quest’ultima e c la sua corda; PT, PL e PM, inoltre, sono tre polinomi di secondo grado del parametro adimensionale St, chiamato numero di Strouhal e definito dall’ultima equazione di (1), in cui f e θ0 sono la frequenza e l’ampiezza di oscillazione della pinna. Infine, i tre angoli φT, φL, e φM esprimono lo sfasamento tra le funzioni armoniche di forze e coppia propulsiva.
2)
La figura 2 mostra il sistema di riferimento Σb, di origine Ob, solidale al robot in moto; secondo la convenzione adottata in campo marino, gli assi xb, yb, zb identificano le direzioni di surge, sway e heave. Limitandoci al solo moto nel piano orizzontale e riferendoci alla terna mobile Σb, le equazioni di Newton-Eulero possono essere scritte nel modo seguente:
dove u e v sono le componenti della velocità dell’origine della terna Σb rispetto a questa stessa terna, come mostrato in figura 2, mentre r è la velocità angolare lungo l’asse zb. Il sistema (2) mostra che le convenzioni adottate per scrivere le (1) sono ancora valide anche quando il robot è completamente assemblato. In particolare, la spinta FT ha ancora la direzione della velocità relativa rispetto al fluido, ma questa ora coincide con la velocità di tutto il veicolo e non solo della sua pinna isolata. Pertanto, nella scrittura delle equazioni del moto, occorre proiettare
le due componenti della forza propulsiva, FT ed FL, nelle direzioni degli assi xb e yb utilizzando l’angolo αi come mostrato in figura 2. Inoltre, gli assi della terna Σb, che coincidono con quelli principali di inerzia del robot, sono stati calcolati trascurando le variazioni della posizione del centro di massa e del momento di inerzia Iz dovute all’oscillazione della pinna. L infine, coincide con la lunghezza della sezione frontale del robot.
dove i coefficienti che moltiplicano le velocita e le accelerazioni lineari ed angolari del corpo sono costanti e dipendono solo dalla sua geometria. Il sistema di equazioni formato dalle (1), (2) e (3) può ora essere integrato una volta assegnato il valore della frequenza di oscillazione f della pinna.
4. Analisi e risultati con MSC Adams View
Per l’integrazione del sistema di equazioni, gli autori di questo articolo hanno utilizzato MSC Adams View, come mostrato in figura 3. La sezione frontale del robot è stata modellata con un cilindro pieno chiuso da una calottina semi-sferica alle estremità anteriore e posteriore, mentre quella di coda è formata da una lastra piana con la stessa forma e spessore della pinna del robot reale. Infine, le proprietà inerziali del modello sono state definite esternamente in modo da replicare quelle del veicolo in studio. Per poter risolvere il moto nel piano, il modello è stato vincolato con un planar joint, mentre il collegamento tra la pinna e la sezione frontale è stato ottenuto con una revolute joint, come in figura 3. Tanto le forze/coppie propulsive quanto quelle idrodinamiche sono state introdotte nel modello come single-component forces/torques; per riferire ciascuna componente al corrispondente asse della terna Σb, solidale al corpo del modello, è stata utilizzata la proprietà body moving, mentre le espressioni dei rispettivi moduli sono state formulate con il Function Builder di ADAMS utilizzando le velocità e le accelerazioni lineari ed angolari calcolate ancora una volta rispetto alla terna mobile. Questo accorgimento ha consentito di valutare l’effetto dell’ampiezza di oscillazione del corpo (recoil) sulla velocità di regime del robot, come verrà mostrato più avanti, oltre a permettere l’integrazione delle equazioni del moto anche lungo traiettorie non rettilinee.
Per lo svolgimento delle simulazioni sono stati utilizzati due diversi set di parametri, inseriti nel modello come Design Variables: la frequenza di oscillazione della pinna, variabile tra 0.4 e 2.0 Hz; il valore del momento di inerzia Iz. Mentre la prima variabile di progetto tiene conto delle possibilità propulsive del motore elettrico installato a bordo del prototipo in figura 1, la seconda simula la variazione delle proprietà inerziali dovuta ad una diversa distribuzione della zavorra del veicolo; in altre parole, per rendere neutro il robot, è necessario fissare una barra metallica a sezione esagonale sotto al corpo cilindrico, come mostrato in figura 1: utilizzando barre a sezione diversa e predisponendo zone di fissaggio a prua e a poppa, è quindi possibile variare il momento Iz senza modificare né la massa né la posizione del centro di massa, da cui dipende il centraggio del veicolo. L’analisi di fattibilità svolta sul prototipo ha mostrato che è possibile modificare Iz tra 0.27 e 0.57 kg m2; questi valori estremi sono stati utilizzati per la seconda Design Variable.
I risultati delle analisi svolte sono mostrati nelle figure 4 e 5. Il primo grafico mostra l’andamento di u, la componente di velocità lungo l’asse xb di surge, parallelo all’asse di simmetria del corpo cilindrico. Come anticipato, le simulazioni sono state svolte a diversi valori della frequenza di oscillazione della pinna: le curve mostrano che la velocità di regime raggiunta dal robot aumenta man mano che la frequenza si sposta verso valori più alti. Si noti tuttavia che la condizione di velocità di regime costante è raggiunta solo in media in un periodo di oscillazione della pinna, un risultato dovuto a due fattori: l’andamento crescente e decrescente della spinta propulsiva FT e l’esistenza della componente di velocità v non nulla che porta la spinta ad inclinarsi di un angolo αi rispetto all’asse longitudinale del robot. I dati estrapolati dalle curve mostrano inoltre che la velocità di regime dipende linearmente dalla frequenza di oscillazione della pinna: questo risultato è consistente con l’analisi delle forze in gioco nella condizione di regime; annullando i termini di accelerazione dalla prima delle (2) e inserendo l’espressione di St in FT, mostrata in (1), si ottiene infatti:
dove a2 è il coefficiente del termine di secondo grado del polinomio PT. La figura 5 mostra invece la velocità di regime u e l’ampiezza di oscillazione della sezione frontale del robot al variare del suo momento di inerzia Iz: in particolare, al crescere di quest’ultimo si verifica un’attenuazione dell’effetto del recoil, mentre la velocità di regime aumenta. Questi due risultati dipendono l’uno dall’altro: infatti, l’energia cinetica risparmiata al ridursi dell’ampiezza di oscillazione del corpo si trasforma nella quota proporzionale al quadrato della velocità di regime.
Conclusioni
Combinando opportunamente le Design Variables si ottiene l’ottimizzazione delle prestazioni del robot in funzione del tipo di missione assegnata e/o di eventuali parametri di progetto (velocità di regime, oscillazione della sezione frontale, efficienza propulsiva). In conclusione, come era stato premesso e poi mostrato all’interno questo articolo, i software multibody come MSC Adams rappresentano un valido strumento con cui realizzare una piattaforma di simulazione multifisica in grado di integrare, nella dinamica del sistema in studio, sia i modelli ottenuti con analisi lunghe e costose (CFD e FEM) e/o con prove sperimentali, sia quelli analitici ricavati in letteratura. I risultati ottenuti dalle simulazioni consentono sia la progettazione che l’ottimizzazione del sistema.
Bibliografia
[1] Sfakiotakis, M., Lane, D. M., & Davies, J. B. C. (1999). Review of fish swimming modes for aquatic locomotion. IEEE Journal of oceanic engineering, Vol. 24(2), pp. 237-252.
[2] Scaradozzi, D., Palmieri, G., Costa, D., & Pinelli, A. (2017). “BCF swimming locomotion for autonomous underwater robots: a review and a novel solution to improve control and efficiency.” Ocean Engineering, Vol. 130, pp. 437-453.
[3] Costa, D., Palmieri, G., Palpacelli, M-C., Panebianco, L., Scaradozzi, D., (2017). “Desing of a Bio-inspired Autonomous Underwater Robot”. Journal of Intelligent & Robotic Systems (JINT), pp. 1-12.
[4] COSTA, D., Palmieri, G., Callegari, M., Scaradozzi, D., “Multi-body Analysis of a Bio-inspired Underwater Robot”. In The International Conference of IFToMM ITALY, pp. 240-248, Springer, Cham.