Periodico bimestrale
Anno XXII, numero 108
gen/feb 2022
ISSN 1128-3874
METODOLOGIA

Sviluppo di un modello biomeccanico multibody per l’analisi delle cadute in ambito forense

Giulia Pascoletti (1), Daniele Catelani (2), Paolo Conti (1), Filippo Cianetti (1), Elisabetta M. Zanetti (1)

L’analisi forense di incidenti in cui è avvenuta la caduta di una persona da una data altezza, molto spesso può basarsi sull’unica informazione data dalla posizione finale del soggetto al momento del ritrovamento; ricostruire da questa la traiettoria seguita dal corpo durante la caduta richiede quindi un’analisi dinamica complessa, per la quale i modelli multibody possono fornire un apporto sostanziale.
Questo lavoro descrive l’applicazione di un modello numerico multibody biomeccanico per l’analisi della caduta di un uomo da un’altezza elevata, con riferimento ad un caso reale. Basandosi su peso e altezza del soggetto coinvolto, è stato realizzato il modello articolato di un androide composto da 15 segmenti, le cui proprietà inerziali, i rispettivi baricentri e volumi sono stati ricavati da database antropometrici, mentre le proprietà di resistenza passiva dei vincoli articolari sono state assegnate in base ad un’estesa analisi bibliografica.
Il modello è stato validato tramite confronto con risultati sperimentali ricavati dalla letteratura, ottenuti con un manichino del tipo Hybrid III, dimostrando la capacità del modello di riprodurre le cinematiche associate a diversi tipi di caduta e di valutare la forza di impatto sulla testa con un errore inferiore all’11%. A seguito delle analisi svolte e dei risultati ottenuti, questo articolo vuole dimostrare l’utilità dell’impiego di un codice numerico multibody come strumento complementare all’interno di un’indagine forense.

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INTRODUZIONE

Nel campo della ricostruzione di incidenti che vedono coinvolte persone, i modelli sperimentali comunemente utilizzati sono basati sull’impiego di dispositivi antropometrici (manichini). Ciò comporta l’insorgenza di una serie di limiti legati principalmente al costo elevato dei manichini destinati allo scopo, alle loro caratteristiche (riproduzione di un ‘individuo medio’), all’insieme limitato di informazioni che sono in grado di fornire, al tempo elevato richiesto per l’esecuzione degli esperimenti e alla difficoltà di ripetere le prove nelle stesse identiche condizioni.
I modelli numerici, una volta validati, sono in grado di superare la maggior parte di questi limiti fornendo risultati affidabili. È infatti ampiamente nota l’applicazione di modelli multibody per la ricostruzione di incidenti aeronautici [1], ferroviari [2] ed automobilistici [3]. In particolare, con riferimento a questi campi di indagine, il codice può essere utilizzato per la modellazione dei passeggeri e per l’analisi della risposta all’impatto in seguito a scontri contro barriere o tra più mezzi. Per questo tipo di applicazioni l’approccio numerico è oggigiorno diffuso e nella maggior parte dei casi validato.
Appare invece ancora poco investigato l’utilizzo di modelli numerici biomeccanici come tecnica di analisi nel campo della scienza forense. Lo studio effettuato all’interno di questo lavoro si propone di mostrare l’applicabilità di un modello di questo tipo, mettendo in luce i vantaggi offerti da un approccio numerico in termini di tempi di esecuzione delle prove, possibilità di realizzazione di un elevato numero di prove con altrettanto numerose combinazioni dei parametri di interesse, adattabilità del modello a diverse caratteristiche di peso e altezza, ripetibilità degli esperimenti.
La realizzazione del modello qui presentato è nata dall’esigenza di stabilire l’accidentalità o meno della caduta di un uomo all’interno di un edificio in costruzione; il dubbio sulla possibilità che la morte non fosse dovuta ad un incidente era legato alla posizione in cui il corpo era stato rinvenuto, la quale è da subito apparsa difficilmente compatibile con una caduta dovuta ad una disattenzione o ad uno sbilanciamento involontario (Figura 1 e Figura 2a).

 

Per questo motivo si è ritenuto di dover prendere in considerazione degli scenari alternativi basati sulle ipotesi che l’uomo fosse stato spinto da un secondo soggetto o che il corpo fosse stato trasportato nel luogo del ritrovamento a seguito della caduta.

Nello specifico l’obiettivo finale dell’analisi era quello di stabilire la combinazione dei parametri iniziali, associati cioè alla configurazione di partenza del soggetto, in grado di generare, a seguito della caduta, una configurazione finale il più possibile fedele a quella rilevata dai periti incaricati.
Un modello multibody in grado di realizzare analisi di questo tipo richiede la definizione delle masse associate alle diverse parti anatomiche, collegate tra loro tramite vincoli atti a simulare le articolazioni scheletriche. Tali vincoli di connessione possono essere caratterizzati, in fase di modellazione, attraverso un comportamento elastico lineare o, come accade più di frequente, con un comportamento elastico non lineare in grado di riprodurne in maniera più fedele il com portamento reale [4].
Nel seguito verrà discussa in dettaglio la realizzazione del modello, con particolare riferimento alla definizione delle proprietà articolari di rigidezza e saranno riportati i risultati relativi alla rispettiva validazione. In seguito si procederà con l’applicazione del design of experiment (DOE) per lo studio del caso in esame, identificando in una prima fase i parametri più significativi e, successivamente, la combinazione degli stessi che permette di raggiungere una configurazione finale di caduta il più prossima possibile a quella rilevata dai periti in seguito all’incidente.

DESCRIZIONE DEL MODELLO MULTIBODY

Il modello articolato è stato realizzato tramite MSC Adams (v. 17, by MSC Software Corporation); esso è composto da 15 segmenti di forma ellissoidale, connessi gli uni agli altri tramite 14 vincoli, modellati con semplici vincoli meccanici o con una combinazione di questi per crearne di più complessi (Figura 3).

 

Figura 2. a) Posizione finale del corpo; b) Pianta vano scale con posizione e orientamento finale del corpo

 

 

Figura 3. Segmenti ellissoidali che compongono il modello

 

Figura 4. Definizione dei segmenti ellissoidali

Ciascuna ellisse è stata completamente caratterizzata tramite i rispettivi semiassi, il sistema di coordinate associato al baricentro, due sistemi di coordinate in corrispondenza delle estremità prossimali e distali (Figura 2) e assegnando i valori della massa e delle proprietà inerziali relative al segmento corporeo corrispondente.
Oltre a queste proprietà, per ogni vincolo è stata definita la resistenza passiva incontrata dall’articolazione durante il movimento. È stata condotta un’estesa indagine bibliografica circa le proprietà di rigidezza passiva rotazionale delle articolazioni umane, in maniera da arrivare alla definizione ed implementazione delle leggi più appropriate per la definizione del comportamento di ogni vincolo. Una corretta modellazione consente di limitare la libertà di movimento dei vincoli meccanici introdotti (evitando il raggiungimento di posizioni innaturali) e garantisce la stabilità del modello, evitando che i segmenti collassino sotto il loro stesso peso.
A conclusione di questo lavoro di ricerca [5]–[10], per la maggior parte dei vincoli sono state scelte delle relazioni momento-rotazione non lineari, con l’eccezione di un numero limitato di vincoli ai quali è stato imposto un valore di rigidezza rotazionale.
La resistenza passiva non lineare è stata implementata con delle splines aventi tutte un andamento similare (in Figura 5 si riporta un esempio relativo al vincolo della spalla): nel campo di rotazioni fisiologiche, la resistenza offerta dal vincolo è molto bassa (prossima allo zero), mentre in corrispondenza dei limiti estremi la coppia resistente aumenta rapidamente; agli estremi del range fisiologico di rotazione, la coppia resistente aumenta fino a 1000 volte per 2° di rotazione. Anche per le articolazioni il cui comportamento è stato descritto con una rigidezza lineare, tale rigidezza raggiunge i 10000 Nm/° per i valori estremi del campo di rotazione. Infine le proprietà delle articolazioni sono state completate con l’inserimento di coefficienti di smorzamento costanti, ricavati dalla letteratura [11], il cui obiettivo è quello di evitare l’insorgenza di vibrazioni irrealistiche nel corso della simulazione.

 

Figura 5. Resistenza passiva non lineare

VALIDAZIONE DEL MODELLO NUMERICO

Il modello è stato validato tramite confronto con i risultati sperimentali ottenuti in un lavoro precedente di Hajiaghamemar et al. [12] relativi a prove eseguite su un manichino Hybrid III. All’interno di questo studio sono stati analizzati cinque diversi scenari di caduta e per ciascuno di essi è stato ricavato il valore della forza di impatto agente sulla testa. Queste stesse configurazioni sono state riprodotte tramite il modello multibody realizzato, applicando delle opportune leggi di moto dei vincoli per i primi istanti della simulazione della caduta per poi lasciare agire solamente la forza di gravità (Figura 6).

Figura 6. Validazione cinematica del modello

Il modello si è dimostrato in grado di replicare il comportamento cinematico del manichino e i valori di forza di impatto rilevati sulla testa differiscono al massimo dell’11% da quelli ricavati sperimentalmente.

DESIGN OF EXPERIMENT

Una volta messo a punto il modello si è proceduto con la fase di analisi dei parametri che hanno un’influenza significativa sulla configurazione finale.
Il processo di scelta di un sottoinsieme appropriato di queste variabili ha richiesto l’esecuzione di una serie di prove preliminari che hanno portato a identificare 5 variabili atte a definire completamente la posizione dell’androide sul piano di partenza, il suo orientamento e l’azione impulsiva agente sul corpo dovuta ad una spinta (quest’ultima modellata tramite una velocità iniziale, sia lineare che rotazionale, applicata al baricentro della parte centrale del busto) (Figura 7 e Tabella 1).

 

Figura 7. Parametri del modello


Oltre alla determinazione dei parametri da inserire all’interno dell’analisi DOE, è di fondamentale importanza la scelta di una opportuna funzione obiettivo da minimizzare. Questa è stata definita in base alla posizione finale reale della vittima (R) e la posizione finale raggiunta dal modello al termine della simulazione (M).
Nello specifico, sono state testate 7 diverse funzioni, le quali differivano per il numero di segmenti dell’androide considerati per il calcolo della distanza. Si è partiti dunque dal considerare un solo segmento e valutando la distanza tra i centri di massa del segmento associato alla testa, procedendo poi con l’incrementare la complessità della funzione, aumentando il numero di segmenti coinvolti.
Una serie di analisi DOE è stata realizzata in maniera iterativa, con l’obiettivo di ottimizzare ad ogni ciclo il numero di parametri iniziali e il range di valori da indagare. Nella figura 8 a pagina 33 è rappresentato lo schema seguito per la determinazione del risultato finale.

RISULTATI E DISCUSSIONE

Una delle peculiarità del caso studiato all’interno di questo lavoro era rappresentata dalla particolare posizione della vittima, non compatibile con una caduta accidentale. In questo caso l’esecuzione di prove sperimentali tramite manichino non è apparsa una soluzione praticabile a causa delle numerose incognite da prendere in considerazione (relative alla posizione iniziale e all’applicazione di una spinta). Il lavoro svolto ha permesso di mettere in luce la potenzialità di un approccio multibody per la risoluzione di problemi di questo tipo e la sua flessibilità nel poter essere utilizzata come tecnica integrata con altre discipline (in questo caso quella forense).
La realizzazione del modello multibody di un androide ha permesso di effettuare una serie di analisi volte alla risoluzione di un problema di cinematica inversa: nota la posizione finale successiva alla caduta, occorreva stabilire in quali condizioni fosse potuta avvenire.
Grazie alla modellazione dei segmenti corporei, dei vincoli di connessione tra di essi e all’introduzione di opportune caratteristiche elastiche e viscose delle articolazioni, è stato possibile valutare diverse condizioni iniziali associate alla configurazione di partenza e determinare dunque la combinazione di parametri che permette di replicare in maniera più fedele la posizione finale nota.
Il modello si è dimostrato valido per la simulazione di una caduta da una determinata altezza, riproducendo in maniera naturale la cinematica del fenomeno. Tramite l’esecuzione di una serie di analisi DOE, basate su un insieme di parametri iniziali e su una formulazione opportuna della funzione obiettivo da minimizzare, si è pervenuti alla combinazione ottima di tali parametri. Dalla conoscenza della sola posizione finale del soggetto, è stato dunque possibile risalire alle condizioni che ne hanno determinato la caduta, valutando un numero elevato di scenari possibili (in totale sono state valutate 1111 combinazioni con un tempo massimo richiesto di un’ora) con un elevato grado di ripetibilità. Inoltre il risultato finale a cui si è giunti pone il soggetto in una configurazione di partenza compatibile con le mansioni che il lavoratore si trovava a svolgere all’interno del cantiere e avvalora la prima delle ipotesi fatte all’inizio del lavoro, cioè che la configurazione finale possa essere raggiunta anche senza prendere in considerazione lo spostamento del corpo successivamente alla caduta, dimostrando come la presenza di una spinta esterna da parte di un secondo soggetto coinvolto sia compatibile con la dinamica dell’evento.
L’applicazione di un metodo numerico ha consentito di ottenere i seguenti risultati:
Identificazione dei parametri iniziali che maggiormente influenzano la configurazione finale assunta a seguito della caduta;
Identificazione della funzione obiettivo più efficiente per la descrizione della corrispondenza tra la configurazione finale reale e quella ottenuta con il modello; in particolare si è dimostrato che sono sufficienti 3 soli punti su cui calcolare la distanza per ottenere un risultato accurato e confrontabile con quello ottenibile dall’utilizzo di un numero maggiore di punti. Infatti la scelta dei centri di massa dei segmenti 1 (testa), 10 (gamba destra) e 13 (gamba sinistra) garantisce una buona corrispondenza con la configurazione finale in termini di orientamento del corpo nel piano x-y, orientamento del corpo lungo l’asse x e posizione prona.
Identificazione della combinazione di parametri iniziali che portano ad una buona corrispondenza tra la configurazione desiderata e quella ottenuta tramite simulazione (Figura 8).

Figura 8. Ciclo delle analisi DOE

Figura 9. Configurazione finale ottenuta

 


Riferimenti

  1. H. M. Lankarani, D. Ma, and R. Menon, “Impact Dynamics of Multibody Mechanical Systems and Application to Crash Responses of Aircraft Occupant/Structure,” in Computational Dynamics in Multibody Systems, M. F. O. S. Pereira and J. A. C. Ambrósio, Eds. Dordrecht: Springer Netherlands, 1995, pp. 239–265.
  2. H. S. Han and J. S. Koo, “Simulation of train crashes in three dimensions,” Veh. Syst. Dyn., vol. 40, no. 6, pp. 435–450, 2003.
  3. C. Goualou, E. Vittecoq, and J.-P. Faidy, “Data Fitting Methodology for Frontal Crash Victim Simulation,” in Computational Dynamics in Multibody Systems, M. F. O. S. Pereira and J. A. C. Ambrósio, Eds. Dordrecht: Springer Netherlands, 1995, pp. 267–286.
  4. V. Richard, G. Lamberto, T.-W. Lu, A. Cappozzo, and R. Dumas, “Knee Kinematics Estimation Using Multi-Body Optimisation Embedding a Knee Joint Stiffness Matrix: A Feasibility Study,” PLoS One, vol. 11, no. 6, p. e0157010, 2016.
  5. A. Bergmark, Stability of the Lumbar Spine: A Study in Mechanical Engineering. Munksgaard, 1989.
  6. A. E. Engin, “Measurement of resistive torques in major human joints”, 1979.
  7. A. E. Engin and S. Chen, “Kinematic and Passive Resistive Properties of Human Elbow Complex,” no. November 1987, 1987.
  8. E. Haug, S. Robin, and M. Beaugonin, Human Models for Crash and Impact Simulation Hyung-Yun Choi, vol. XII, no. 03. 2004.
  9. R. Riener and T. Edrich, “Identification of passive elastic joint moments in the lower extremities,” vol. 32, pp. 539–544, 1999.
  10. [10]    A. D. Sharan, S. Y. Tang, and A. R. Vaccaro, Basic Science of Spinal Diseases. Jaypee Brothers,Medical Publishers Pvt. Limited, 2013.
  11. H. Cheng, A. L. Rizer, and L. A. Obergefell, “Articulated Total Body Model Version V; User’s Manual.,” 1998.
  12. M. Hajiaghamemar, M. Seidi, J. R. Ferguson, and V. Caccese, “Measurement of Head Impact Due to Standing Fall in Adults Using Anthropomorphic Test Dummies,” Ann. Biomed. Eng., vol. 43, no. 9, pp. 2143–2152, 2015.

    1 -     Department of Engineering, University of Perugia, Perugia, italy.
    2 -     MSC Software, Torino, italy.


 

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