Periodico bimestrale
ISSN 1128-3874
MOTORSPORT

Uno sguardo dall’interno ai lavori computazionali del Polimi Motorcycle Factory

A cura di Raffaele Ponzini e Alessandro Scibona

Il Polimi Motorcycle Factory, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo (A&C, num, 88) ha vinto la 5a edizione del MotoStudent (http://www.motostudent.com/) a cui hanno preso parte più di 70 università del mondo, 50 nella sezione Petrol. Alla luce di questo fantastico risultato abbiamo deciso di intervistare i membri del team che grazie al loro lavoro di studio computazionale hanno portato alla creazione del prototipo campione del mondo studentesco.

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Ad oggi gli studenti che fanno parte del gruppo del PMF sono più di 100 e hanno un’età compresa tra i 19 e i 26 anni; per gestire un tale numero di persone, il team è suddiviso in 5 reparti principali che vede uno o più capireparto che vanno a costituire, insieme al team leader, la cosiddetta Gestione Sportiva. La Gestione Sportiva è composta da 7 membri e si occupa di prendere le decisioni più importanti e si impegna a cercare di mantenere coordinazione e coesione tra vari reparti. Tra i 5 reparti abbiamo deciso di intervistare i 3 reparti in cui si fa largo uso di analisi computazionali di vario genere: reparto Carene, reparto PowerTrain, reparto Telaio e Dinamica. Dalle domande poste ai ragazzi si evince che gli ambiti riguardanti le analisi sono molteplici, così come lo sono i tipi di software utilizzati. Nello specifico per le analisi fluidodinamiche (CFD) si è preferito adottare OpenFOAM in quanto, essendo un software open-source, garantisce un ottimo dinamismo applicativo su varie piattaforme e la personalizzazione caso per caso; spesso sono stati sviluppati da zero degli script Matlab (MathWorks.Inc) che consentono il calcolo di alcuni parametri di movimento o di prestazione. Grazie anche alle grandi risorse di calcolo ottenute tramite un bando pubblico presso CINECA (https://www.cineca.it/) è stato possibile sfruttare metodi di calcolo in parallelo che hanno permesso di velocizzare il tempo della computazione, riducendo dall’ordine dei 4-5 giorni a quello delle 4-5 ore il tempo di calcolo di ogni simulazione; il reparto Carene e il reparto PowerTrain ne hanno fatto largo uso e questo ha consentito la possibilità di provare un ampio spettro di configurazioni. È importante sottolineare i benefici che i ragazzi hanno riscontrato grazie all’utilizzo dei metodi numerici, in particolare si evince che l’utilizzo di queste risorse, se sorretto da buone basi teoriche, permette di risparmiare denaro e tempo. È stato infatti prediletto l’utilizzo delle analisi computazionali per il testing di alcuni componenti evitando il classico metodo “trial and error” che costa in termini monetari e soprattutto in termini di tempo.
Del reparto carene abbiamo intervistato 2 ragazzi: Mauricio Gutierrez e Lorenzo Mainini, conosciamoli.
Mauricio Gutierrez, ex Responsabile CFD esterna reparto carene ad oggi collaboratore esterno.
Sono stato responsabile delle analisi sull’aerodinamica esterna della moto all’interno del reparto carene fino ad ottobre 2018. Attualmente sono collaboratore esterno. Mi affascina il fatto di imparare velocemente da miei colleghi e avere la possibilità di progettare una moto da corsa dal punto di vista aerodinamico.
Che modello fisico hai utilizzato per descrivere il comportamento del/degli elemento/i che hai analizzato? quali sono, secondo te, i punti forti e i punti deboli di questi metodi?
Ci siamo avvicinati completamente dal punto di vista computazionale, cominciando dal modello 3D (CAD) fatto il più simile possibile alla realtà visto che al momento non abbiamo a disposizione la galleria del vento. Il modello fisico utilizzato è basato sulla media del numero di Reynolds per semplificare le equazioni di Navier-Stokes (RANS), mentre per simulare il comportamento viscoso dell’aria è stato utilizzato il modello k-omega SST, in quanto risulta il più indicato per questo genere di analisi.  Dopo l’analisi computazionale abbiamo tentato di validare il calcolo direttamente facendo prove fisiche in pista, e ad oggi, dopo aver valutato le prestazioni su un rettilineo lungo più di 900 metri, possiamo dire di non essere molto lontani dalla realtà, in quanto la velocità massima raggiunta è molto vicina al valore teorico ipotizzato.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
In futuro questo elemento renderà più facile la progettazione e sviluppo di sistemi meccanici sia dinamico sia statico avvicinandosi sempre di più alla realtà.
Lorenzo Mainini, CFD esterna reparto carene.
Sono Lorenzo Mainini, membro del reparto carene, sezione CFD, il compito principale di cui mi sono occupato è stato la simulazione e l’analisi dei risultati della matrice carene 2018. Mi affascina il fatto di poter simulare con una grande potenza ed efficacia un progetto destinato alla produzione e alle corse e capire le relazioni tra risultati numerici e comportamento fisico.
Che modello fisico hai utilizzato per descrivere il comportamento del/degli elemento/i che hai analizzato? quali sono, secondo te, i punti forti e i punti deboli di questi metodi?
È stato utilizzato un modello con fluido viscoso e incomprimibile e moto ferma a motore spento e aspirazione chiusa, ma con il pilota nella posizione da rettilineo. Il modello era quindi estremamente accurato nella geometria e ci ha permesso di progettare una carena con prestazioni migliori degli avversari. Tuttavia ci sono ancora elementi da inserire per arrivare a un riscontro il più elevato possibile, quali rotazioni delle ruote e portate all’aspirazione e allo scarico.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
Nel futuro vedo principalmente una maggiore efficienza computazionale dei solutori e una diffusione a costi minori dei programmi più avanzati e user-friendly. Per quanto riguarda la scelta di parametri di progettazione penso siano fondamentali le capacità di giudizio ingegneristico dei progettisti, ma i software potrebbero aiutare ulteriormente ad esempio nel campo dei materiali compositi con algoritmi di laminazione sempre più accurati. Grazie alle analisi computazionali e alle risorse messe a disposizione da CINECA il reparto carene ha potuto analizzare svariate geometrie di carene e di coda in modo da scegliere la combinazione più efficace.
Del reparto PowerTrain abbiamo intervistato tre ragazzi che hanno fatto largo uso delle analisi computazionali, sia 3D che 1D. I membri di questo reparto hanno risposto in maniera collegiale alle domande tecniche, le loro risposte sono riportate dopo le domande personali.
Pietro Benedetti, responsabile Simulazioni 1D e 3D del reparto powertrain.
Ho 25 anni e sono uno studente del Politecnico di Milano presso la facoltà di Ingegneria Meccanica. All’interno del team faccio parte del reparto Powertrain e ricopro il ruolo di responsabile Simulazioni 1D e CFD. Il mio compito, oltre a quello operativo di svolgere simulazioni, è quello di coordinare un gruppo di lavoro composto da 12 persone che si occupano di simulazioni fluidodinamiche del motore. Credo che siano fondamentalmente due le cose che mi affascinano: la prima è poter toccare con mano qualcosa che ho ideato, pensato e progettato in prima persona, mentre la seconda è lavorare in un team. Credo che sia fondamentale per noi futuri ingegneri poter mettere mano a qualcosa di concreto già durante il nostro periodo di formazione; in parte perché penso possa aiutarci a capire meglio ciò che studiamo ed in parte perché altrimenti si rischia di creare un divario troppo grande tra libri e pratica.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
Questi strumenti non potranno far altro che evolvere sempre più in futuro diventando un pilastro insostituibile per le aziende e per tutti coloro che si troveranno a progettare qualcosa nel loro campo di lavoro. Le analisi computazionali aiuteranno ad abbattere sempre più i tempi ed i costi di progetto alzando il livello dei lavori di progettazione e tali benefici saranno esaltati se affiancati da programmi OpenSource, modificabili a seconda delle proprie esigenze.
Manuel Yauri, responsabile CFD 3D del reparto powertrain.
Mi chiamo Hugo Manuel Yauri Urbina studente di Ingegneria Energetica al primo anno di Laurea Magistrale e sono il responsabile CFD 3D del reparto Powertrain, dove mi occupo principalmente delle simulazioni della parte di aspirazione. Il mio lavoro principale è stato quello di studiare la fluidodinamica interna della scatola d’aria con presa dinamica così da, assegnati gli ingombri ed il litraggio, massimizzare la portata d’aria circolante in cassa e ridurre al minimo la vorticosità. Un altro lavoro su cui siamo stati impegnati è quello riguardante lo studio ed il confronto del gruppo acceleratore Barrel, sviluppato internamente al Team, rispetto al classico corpo farfallato, in modo da fornire dati per la relazione del documento MS1, oggetto di valutazione per la competizione MotoStudent.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
Per quanto riguarda l’ambito progettistico penso che l’evoluzione e la diffusione di uno strumento open source come OpenFOAM potrà espandere a più aziende la possibilità di effettuare calcoli fluidodinamici; allo stesso tempo però sarà necessaria una miglioria dei tools che circondano OpenFOAM, in particolare gli strumenti di pre-processing. Per l’ambito produttivo invece, con lo sviluppo della tecnologia di stampa 3D, ritengo che sarà possibile sviluppare design più azzardati, e quindi maggior libertà creativa dal punto di vista di progetto e simulazione, così come è stato per l’airbox.
Sara Masseroni, CFD 3D del reparto powertrain.
Sono Sara Masseroni, una studentessa magistrale di Ingegneria Energetica. Mi occupo di simulazioni CFD 3D del sistema di aspirazione nel reparto Powertrain. Ciò che più mi affascina del mio lavoro è la possibilità di dar vita a componenti reali, rappresentando la fisica del problema con opportuni modelli matematici. Oltre al lato tecnico, lavorare in team è anche una grande esperienza dal punto di vista umano, confrontarsi e discutere con persone che amano il proprio lavoro è sicuramente un’esperienza appagante e motivante.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
Immagino che in un contesto futuro le simulazioni fluidodinamiche verranno  utilizzate sempre più in differenti realtà professionali, da settori medici a industriali. Credo che i software OpenSource acquisiranno sempre più importanza data la possibilità di modificare personalmente il codice e che si creerà una rete di professionisti pronti a mettere in comunione le proprie competenze. Si coniugherà la potenzialità del software con il suo essere user-friendly in modo da favorirne l’uso in più contesti e avvicinare un maggior numero di utenti. Le simulazioni CFD possono ridurre i tempi richiesti alla progettazione di un prodotto, invece di condurre differenti prove sperimentali sarà sufficiente effettuare delle simulazioni opportunamente validate. Per ridurre i tempi di realizzazione di un componente è senza dubbio un approccio adeguato ed in alcuni contesti l’unico applicabile.
Che modello fisico utilizzi per descrivere il comportamento del/degli elemento/i che hai analizzato? quali sono, secondo te, i punti forti e i punti deboli di questi metodi?
I flussaggi numerici dell’airbox con presa dinamica del gruppo acceleratore Barrel e del classico corpo farfallato sono stati simulati sotto l’ipotesi di stato stazionario supponendo costante la densità dell’aria, in quanto i range di differenza di pressioni considerati non erano tali da rendere significativo l’effetto della variazione di densità. Tale scelta deriva dall’intenzione di voler simulare nelle condizioni proprie di un banco di flussaggio reale e non quelle operative nel circuito di Aragon: condizioni che per il 70% del tempo sono di piena ammissione (WOT) e quindi idealmente con una richiesta di aria costante. Per questo motivo è stato scelto il SimpleFoam, basato sull’algoritmo Simple, incluso con OpenFOAM.
Per quanto riguarda la turbolenza si è scelto di utilizzare il modello k-ω SST che grazie alla sua capacità di adattarsi all’yPlus, ci ha permesso di lavorare anche con mesh di primo tentativo, non particolarmente rifinite.
Nelle simulazioni dell’airbox è stata data particolare attenzione al valore dell’yPlus, che si è voluto mantenere sotto il valore di 1 così da risolvere il sub-layer laminare, molto importante per prevedere il comportamento del fluido lungo la presa dinamica, dove avrebbe potuto distaccare o comunque creare strizioni della vena fluida e vorticosità in cassa. Un’altra zona in cui era di fondamentale importanza modellare il comportamento del sub-layer laminare è lo snorkel: raccordo tra la presa dinamica e l’airbox.
Per quanto riguarda il solver non penso che per i problemi che abbiamo trattato ci siano particolari punti deboli e per quanto detto prima, le ipotesi fatte non sono limitanti.
 I nostri futuri sviluppi vedranno l’uso di solutori più complessi e tempovarianti, ma questo perché sarà diversa la natura di ciò che si andrà a studiare. Il voler utilizzare il modello k-ω SST in maniera corretta ed al massimo delle sue potenzialità, visti i fenomeni fluidodinamici di nostro interesse, ha portato velocemente e facilmente ad un aumento di celle tale da non rendere più fattibile svolgere simulazioni sui nostri computer personali ed a scaricare quindi sull’HPC Marconi tutto il carico di lavoro. Tali fenomeni infatti rischiavano di rimanere nascosti senza che il modello k-ω SST si accorgesse di questo “errore”, se le simulazioni fossero state condotte con valori di yPlus oltre l’unità.
Infine, le interviste al reparto telaio e dinamica, di cui abbiamo intervistato 4 figure chiave che hanno deciso di rispondere in maniera collegiale alle domande tecniche, conosciamoli:
Gabriele Sciamè, ex Responsabile Telaio e Dinamica oggi collaboratore esterno.
Da recluta a direttore tecnico del reparto Telaio&Dinamica, fino ad arrivare (attualmente) ad essere un consulente tecnico esterno.
L’aspetto più affascinante del mio lavoro è stato sicuramente quello riguardante le sfide strutturali: partendo da un foglio bianco abbiamo realizzato un prototipo in grado di resistere a prove di carico statiche e al gravoso utilizzo in pista, soddisfando alti standard di sicurezza.
La sfida ancora maggiore è stata costruire il secondo prototipo mantenendo le caratteristiche strutturali del primo diminuendone considerevolmente la massa. Mi sono avvalso dei metodi ad elementi finiti che permettono di calcolare sforzi e deformazioni di una struttura sottoposta a un carico.
Che tipo di software hai utilizzato? Ti sei avvalso di risorse di calcolo in parallelo, hai utilizzato il tuo computer? su quanti core hai suddiviso l’analisi? ti è stato utile?
Ho sempre utilizzato software commerciali, principalmente per un’imposizione, più che per scelta. Purtroppo non ho mai avuto l’onore di sfruttare un HPC, ho sempre lanciato le simulazioni su pc personali parallelizzando su un massimo di 4 core (alcuni software sfruttano l’HT, altri no). Ho provato a sfruttare anche la gpu, ma non tutti i software permettono di utilizzare schede  elevato etichettate come “consumer grade”. Sicuramente a questo livello di parallelizzazione il vantaggio in termini di tempo rispetto alla singola core è molto, molto elevato.Il dettaglio ovvio per ottenere bassi tempi di risoluzione, ma spesso trascurato, è l’ammontare della memoria RAM.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
Guardando al futuro da una parte vedo degli strumenti sempre più user friendly, alla portata di tutti, rapidi e semplici, dall’altra degli strumenti molto raffinati, capaci di sfruttare potenze di calcolo in continua crescita. Muovendosi idealmente verso l’ottimizzazione di ogni singolo componente per il suo specifico scopo e tenendo conto dell’ampia crescita delle tecnologie di produzione additiva, sicuramente si farà un ampio utilizzo di ottimizzatori topologici e strumenti di simulazione dei cicli produttivi per valutare gli stress residui post produzione dei particolari metallici.
Cesare Sigurani, Responsabile Telaio e Dinamica.
Sono studente di ingegneria meccanica e faccio parte del reparto Telaio & Dinamica del Polimi motorcycle factory da ormai un anno. In questo periodo di tempo, mi sono occupato di analisi strutturali ad elementi finiti su componenti in materiale metallico e composito, il cui obbiettivo è quello di calcolare sforzi e deformazioni di una struttura sottoposta ad un carico. Questo permette di prevedere il comportamento meccanico di un qualsiasi componente, che quindi viene dimensionato in maniera appropriata, tenendo conto del fatto che il peso è fondamentale in quanto farà parte di una motocicletta da corsa. L’aspetto più affascinante è certamente utilizzare tutte le conoscenze, acquisite durante il percorso di studi, per la progettazione e la realizzazione di componenti di un prototipo di moto da corsa. È davvero soddisfacente vedere tra le proprie mani il pezzo meccanico su cui si è lavorato assiduamente.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
L’obiettivo sarà sicuramente quello di produrre una soluzione sempre più accurata, mantenendo però i tempi di soluzione il più corti possibile. Questo sarà sicuramente possibile alle potenze di calcolo in continua crescita oltre che ad un miglioramento degli strumenti software di calcolo.Guardando al futuro da una parte vedo degli strumenti sempre più user friendly, alla portata di tutti, rapidi e semplici, dall’altra degli strumenti molto raffinati, capaci di sfruttare potenze di calcolo in continua crescita. Muovendosi idealmente verso l’ottimizzazione di ogni singolo componente per il suo specifico scopo e tenendo conto dell’ampia crescita delle tecnologie di produzione additiva, sicuramente si farà un ampio utilizzo di ottimizzatori topologici e strumenti di simulazione dei cicli produttivi per valutare gli stress residui post produzione dei particolari metallici.
Che modello fisico utilizzi per descrivere il comportamento del/degli elemento/i che hai analizzato? quali sono, secondo te, i punti forti e i punti deboli di questi metodi?
Ho provato varie soluzioni per i modelli fisici strutturali, tuttavia i modelli a di trave (beam) non rincalzano esattamente il campo degli spostamenti delle nostre strutture a traliccio (telaio e forcellone) quindi non sono utilizzabili per valutare le loro rigidezze caratteristiche (banalmente definite come forza applicata diviso lo spostamento del punto di applicazione). Invece i modelli di piastra (plate) hanno dato buoni risultati per quanto riguarda l’analisi di manufatti in materiale composito con geometrie non troppe complesse (lamination theory). Questo aspetto è molto positivo in quanto permette di ridurre notevolmente i tempi di calcolo, garantendo la precisione richiesta.
L’utilizzo delle analisi FEM all’interno del reparto Telaio&Dinamica e del PMF è ormai consolidato, il prossimo intervistato ha ideato una “macchina” in grado di validare sperimentalmente le analisi FEM precedentemente effettuate in fase di progetto, conosciamolo:
Emiliano Staniscia, Telaio e dinamica.
Sono iscritto al secondo anno di laurea specialistica in ingegneria meccanica al Politecnico. Sono entrato a far parte del team nel 2016, alla conclusione del mio percorso di laurea triennale, come tesista. Il mio lavoro di tesi è consistito nello sviluppo di un metodo numerico e sperimentale di valutazione delle rigidezze del telaio del prototipo 2016. Al termine della tesi ho preso parte alla progettazione del prototipo 2018 attraverso la modellazione e analisi strutturale di componenti e assiemi e attualmente faccio da istruttore e supervisore delle nuove leve del team.
Che modello fisico utilizzi per descrivere il comportamento del/degli elemento/i che hai analizzato? quali sono, secondo te, i punti forti e i punti deboli di questi metodi?
Le analisi strutturali in ambito meccanico si basano esclusivamente sul metodo degli elementi finiti (FEM). Il metodo si basa sull’approssimazione del comportamento di un oggetto o una struttura continua, attraverso la discretizzazione in un dominio di elementi di grandezza finita. In questo modo, un problema di risoluzione di equazioni differenziali si riduce ad un problema di algebra lineare. È un metodo estremamente versatile, che riduce notevolmente la complessità computazionale, ma la cui bontà della soluzione dipende notevolmente dalla qualità e dal numero degli elementi finiti creati (mesh). In alcuni casi pertanto, la corretta modellazione di un problema può richiedere oneri computazionali eccessivi per alcuni calcolatori.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
Sicuramente il campo in cui il metodo degli elementi finiti avrà sempre maggiore applicazione in futuro, sarà l’ottimizzazione topologica, che permetterà di sfruttare appieno i vantaggi di nuovi processi manifatturieri come la stampa 3D.
Infine, le risposte di Gianluca Vaini, membro del reparto Telaio e Dinamica, che con il suo lavoro permetterà al team di capire come varia l’assetto e la distribuzione dei pesi sulla moto lungo la percorrenza di un tracciato.
Gianluca Vaini, reparto Telaio e Dinamica.
Sono uno studente all’ultimo anno di ingegneria meccanica del Politecnico di Milano. Il mio ruolo all’interno del team consiste nella creazione di modelli multibody per lo studio della dinamica della moto nello spazio.
Che tipo di software hai utilizzato? Ti sei avvalso di risorse di calcolo in parallelo o hai utilizzato il tuo computer? su quanti core hai suddiviso l’analisi? ti è stato utile?
Per scrivere il codice ho utilizzato software commerciali (Matlab/simulink) installati sul mio computer. Questi hanno la possibilità di lanciare in parallelo alcuni tipi di simulazioni, ma al momento tale implementazione nel mio codice è in fase di sviluppo.
Che modello fisico utilizzi per descrivere il comportamento del/degli elemento/i che hai analizzato? quali sono, secondo te, i punti forti e i punti deboli di questi metodi?
Utilizzo una libreria di comandi specifici per le analisi multibody in ambiente Simulink (Simscape simmechanics). I punti forti sono la completa customizzazione del codice in fase di scrittura e dunque, successivamente, di analisi e la possibilità di utilizzare un ambiente di calcolo ricco e versatile come Matlab. I punti deboli sono l’elevata specificità del codice creato e la scarsa ottimizzazione in termini di velocità computazione se paragonato a un software commerciale.
Guardando al futuro, quale pensi possa essere l’evoluzione di questi strumenti e come potrebbero supportare il lavoro di progettazione e produzione?
In futuro mi aspetto una migliore “connessione” tra diversi software (CAD, FEM, multibody ecc) per migliorare globalmente la fase di analisi e progettazione. Spesso ci si trova a dover trasferire manualmente dati da un software all’altro a causa di una difficile o limitata compatibilità, limitando notevolmente la velocità del processo.

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