Pedalando in piano a 116.19 km/h
Paolo Baldissera, Cristiana Delprete
Scienza, tecnica, sport e passione: gli ingredienti del record italiano
di velocità a pedali conquistato a settembre dal Team Policumbent
del Politecnico di Torino

Un contesto unico al mondo
La SR305 è una piatta lingua d’asfalto che taglia in due l’altipiano desertico del Nevada, a 1450 m di quota sul livello del mare. Qui ogni anno, in un tratto di strada vicino a Battle Mountain, si ritrovano per una settimana gli appassionati, i team e i ciclisti più veloci del mondo. L’atmosfera è frizzante, c’è emozione per gli esordienti (tra cui noi), ma anche per i veterani che tornano ogni anno a sfidare il record mondiale o semplicemente a migliorarsi. La prima lezione che si impara è la collaborazione: non siamo qui a sfidarci per una classifica, ma per infrangere un limite umano, alleati contro il cronometro ancor prima che rivali. Nel weekend che precede le gare parte il rituale delle “visite”: si osservano gli altri prototipi, le soluzioni, le novità, si consultano gli altri costruttori e i team in un vorticoso scambio di idee il cui risultato è che ognuno, prima ancora di correre, ha già intuito i punti di forza e le carenze del proprio mezzo. La seconda lezione è che non si smette mai di migliorare: i prototipi vengono modificati limando ogni dettaglio fino all’ultimo giorno, fino all’ultima corsa. I ragazzi del Team Policumbent lo capiscono da subito e si armano di buona volontà cominciando a carteggiare e lucidare la carena senza sosta: tornerà a Torino molto diversa da come è partita.
L’evento e le sue regole
Un paio di giorni di “decompressione” e di recupero del fuso orario, poi la prima riunione organizzativa: a sorteggio ciascuno sceglie la batteria in cui correrà la qualifica del lunedì mattina (rincorsa da 2.5 miglia, circa 4 km). Per guadagnarsi l’accesso alla rincorsa da 5 miglia (circa 8 km) occorre superare le 45 mph (72.4 km/h) e per essere ammessi alle sessioni serali, più ambite per ragioni metereologiche, le 60 mph (96.6 km/h). La velocità è sempre calcolata come media su un tratto cronometrato di 200 m, poi c’è circa 1 km per frenare, sufficiente ma non certo abbondante a queste velocità. In ogni sessione si corrono 3 batterie da 4 ciclisti, che partono a pochi minuti l’uno dall’altro. Al mattino la prima batteria ha buone probabilità di trovare poco vento, ma l’aria è fredda e densa, mentre l’ultima batteria trova un clima più caldo, ma con buone possibilità di avere il vento oltre il limite legale per i record (6 km/h in qualsiasi direzione); conta il rilevamento durante il transito nella “trappola” di misurazione dei 200 m finali. Alla sera la batteria più ambita è l’ultima, in corrispondenza del tramonto: l’aria è ancora calda e secca e ci sono buone probabilità di trovarsi a correre in quel momento magico in cui il sole sta per scomparire e il vento si azzera per alcuni minuti prima di cambiare direzione. Il lancio può essere assistito e persino spinto purché ogni contatto esterno termini entro 15 m. In caso di intoppi allo start si può ritentare la partenza a piacere per un tempo massimo di 2 minuti, dopodiché si perde il turno. All’arrivo ci si deve accostare al gruppo di volontari addetti al catching che assistono il ciclista e si assicurano di liberare la strada il più rapidamente possibile.
Ogni giorno poi, alle 11:00 di mattina, riunione generale presso il Civic Center di Battle Mountain. Dopo le comunicazioni organizzative sono annunciati i risultati della sessione mattutina e si procede quindi alla definizione delle batterie serali e del mattino dopo. Si procede per priorità: chi è più vicino, in percentuale, al record della propria categoria, sceglie prima, in coerenza con l’obiettivo di tutto l’evento ovvero aumentare le probabilità di veder superare i record. La riunione serale post-gara ha invece il solo scopo di annunciare gli ultimi risultati.
Lo svolgimento delle gare e il record
La soglia di qualifica per la run lunga serale è stata superata agevolmente da Andrea Gallo su PulsaR al primo tentativo di lunedì 14/9 con 102 km/h. Nella run serale della stessa giornata, l’atleta ha quindi preso le misure al tracciato incrementando la velocità fino a 107 km/h, nonostante un fastidioso vento laterale oltre il limite legale. Martedì e mercoledì sono stati segnati da forte maltempo con sospensione delle sessioni di gara e una palpabile preoccupazione di tutti, poi sfumata con l’arrivo del bel tempo. Alla ripresa di mercoledì il nostro team al mattino rileva alcuni problemi tecnici sul prototipo: il copertoncino posteriore sembra sfregare sul bordo carena e l’odore di gomma bruciata a oltre 100 km/h preoccupa giustamente il ciclista che, per sicurezza, rinuncia allo sprint finale. L’analisi evidenzia tre elementi che contribuiscono a generare il fenomeno e individua le soluzioni appropriate:
il serraggio del cuscinetto al mozzo è stato inavvertitamente allentato più del dovuto e la ruota ha un gioco eccessivo, questo è il contributo maggiore al problema e una volta serrato a dovere (ma senza comprometterne la scorrevolezza) si potrebbe già dare per risolto;
l’asola di uscita della ruota dalla carena è ritagliata al minimo per limitare il danno aerodinamico. In via cautelativa si sceglie comunque di allargare ulteriormente il vano e di chiudere l’eccesso con nastro adesivo, decisamente meno pericoloso del carbonio in caso di strisciamento dello pneumatico;
i pannelli strutturali che sostengono la ruota necessiterebbero un ulteriore rinforzo, rispetto a quelli già presenti, che vada a limitare la cedevolezza al carico laterale (vento, trazione, oscillazioni del mezzo). In questo caso non ci sono possibilità di intervento sul posto e questo punto diventa uno dei miglioramenti da attuare una volta rientrati in Italia.
La sessione serale di mercoledì viene quindi utilizzata come collaudo tecnico con esito positivo, restituendo al ciclista la fiducia nel mezzo, requisito indispensabile per poterlo spingere al limite. Da qui in avanti la strada è in discesa: Andrea Gallo registra il primo record italiano ufficiale raggiungendo 109.96 km/h nella sessione di giovedì mattina, per poi incrementarlo ulteriormente venerdì sera a 112.16 km/h e fissarlo definitivamente a 116.19 km/h nell’ultimo tentativo serale di sabato 19/9. Il risultato vale ad Andrea Gallo l’ingresso nel club degli “over 70 mph” (che conta 24 ciclisti al mondo, ad oggi) sancito dal tradizionale cappellino e dalla “multa” rilasciata dall’ufficiale di polizia che si presta alla cerimonia finale: il limite infatti sulla SR305 è proprio di 70 mph e si sa che in USA su queste cose non si scherza! Un risultato di cui andare fieri, che ci colloca al secondo posto dietro Liverpool tra i team universitari presenti, uno degli esordi più positivi di sempre a detta dei veterani presenti. Al canadese Todd Reichert del Team Aerovelo, che al suo sesto anno di partecipazione ha letteralmente frantumato il record mondiale portandolo a 139.45 km/h (prima volta oltre 85 mph) tocca invece la messa in scena di un vero e proprio arresto in stile cinematografico. L’intera comunità dei partecipanti ha festeggiato con gioia questo nuovo record e il nostro team ha tratto molta ispirazione e motivazione dal modo di lavorare di questo gruppo di ragazzi canadesi, certi di poter seguire le loro orme e arrivare al loro livello, incoraggiati dal nostro esordio così buono.
PulsaR: un progetto che parte da lontano
Lo studio e la progettazione di PulsaR sono iniziati con le prime idee nel 2013, per poi svilupparsi con approccio più metodico nel 2014 e arrivare quindi alla realizzazione nel 2015. Tipicamente sono gli atleti più alti e grossi nel ciclismo a esprimere maggiori potenze in fase di sprint. Andrea Gallo è un ex dilettante, ora tra gli amatori più forti a livello nazionale, e si è avvicinato al Team nel 2010 avendo già una passione per lo Speed Challenge di Battle Mountain. Fisicamente è uno scalatore di taglia “piccola” (165 cm per meno di 60 kg al peso forma), tuttavia non è insolito per lui vincere in volata anche contro avversari di stazza e brillare anche nelle gare a cronometro (campione regionale 2014). Il lavoro di progettazione si focalizza quindi sull’idea di sfruttare al meglio le qualità dell’atleta, ponendo come primo obiettivo la minimizzazione dell’area frontale. PulsaR è il secondo prototipo più piccolo allo Speed Challenge 2015 con una larghezza di appena 44 cm al punto di corda maggiore e calza come un guanto attorno alle spalle di Andrea e al suo ingombro di pedalata (punta del piede, tallone, ginocchio). Al di sotto solamente Eivie IV del veterano sloveno Zabovnik, che però deve accettare una posizione di guida estrema, supina e con direzione di marcia rovesciata, cioè verso la testa, e visione della strada attraverso uno specchio.
Per limare tutto il possibile si è effettuato uno studio sperimentale sulle potenze espresse da Andrea con pedivelle di lunghezza ridotta, arrivando a scegliere una pedivella di 130 mm contro i tradizionali 170-175 mm in commercio, limite inferiore al quale si è rilevata una potenza comparabile grazie alla possibilità di compensare la minor leva con una maggiore cadenza. Per la corona si è calcolato lo sviluppo metrico necessario e si è optato per 108 denti con forma non circolare, ispirandosi a una tipologia di corona commerciale che Andrea era già abituato a utilizzare sulla sua bici da corsa. Inoltre, dovendo disegnare una guarnitura ad hoc (sia per la pedivella ridotta sia per la corona “speciale”), si è scelto anche di ridurre il fattore Q ovvero la distanza laterale tra i pedali. Una volta definiti gli ingombri di layout è stato lo studio dell’aerodinamica a prevalere su tutto il resto: l’analisi CFD con Star-CCM+ di CD-Adapco è stata portata avanti su 5 versioni di carena e per confronto sui modelli disponibili di due prototipi che hanno segnato la storia di questa disciplina.

Collaudi, allenamenti e misurazioni in pista
I collaudi, prima della trasferta in Nevada, si sono svolti presso il circuito di prova Iveco all’interno del complesso piste FCA di Balocco nei mesi di luglio e agosto, con percorrenza complessiva di circa 850 km in 12 sessioni. Il testing prolungato ha permesso ad Andrea di prendere la dovuta confidenza alla guida, ma anche al team di mettere a punto il mezzo, di fare analisi di coast-down per confrontare diverse configurazioni di ruote e coperture e di valutare le esigenze di ventilazione interna. In un primo momento si è infatti voluto verificare se l’aria in ingresso dai vani ruota fosse sufficiente o se fosse necessario ricavare una presa dedicata. La necessità di una presa d’aria è stata confermata in collaudo e osservando lo stato dell’arte si è scelto di intervenire con un foro circolare sul muso, nella zona di massima pressione, e con un taglio in coda per il successivo scarico. Per il calcolo si è considerata la VO2,max di Andrea ovvero il volume di ossigeno consumato in fase di sprint anaerobico, dimensionando poi l’imbocco in modo tale da garantire la portata d’aria richiesta a partire da 100 km/h. La presa d’aria è stata quindi collegata internamente a un diffusore calcolato per limitare la caduta di pressione all’imbocco e collegato a un tubo che convoglia l’aria fino all’altezza dell’attacco manubrio. La ventilazione così ottenuta si è rivelata “adeguata ma non eccessiva” a detta dell’atleta stesso.
Conclusioni e sviluppi futuri
Di rientro dal Nevada il nostro team si è da subito messo al lavoro con un pensiero fisso in testa: tornare e andare più forte. Si è avviata una campagna di reclutamento studenti che ha riscosso notevole successo, portando le energie fresche di circa 30 nuovi membri in squadra in aggiunta ai 5 “veterani” che hanno deciso di proseguire, e agli autori che si confermano a tutoraggio e supervisione del progetto.
Dal punto di vista operativo si è valutato che PulsaR ha il potenziale, con alcuni interventi migliorativi, per superare la soglia delle 75 mph nel 2016, avvicinandosi quanto più possibile alla soglia delle 80 mph. Parallelamente si avvierà la progettazione di un nuovo prototipo con obiettivo di realizzazione per il 2017 e il target prefissato a oltre 135 km/h per agguantare il record Europeo e universitario (TU Delft 133.78 km/h) e insidiare finalmente quello mondiale puntando ai 140 km/h. La fantasia nel frattempo vola e in squadra c’è già chi vorrebbe avviare anche progetti nelle categorie multi-track (più di 2 ruote) e handbike... nulla si esclude a priori, tuttavia si dovranno valutare attentamente le energie e le risorse in gioco.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati il Team Policumbent, oltre a passione, organizzazione e lavoro tecnico, dovrà poter contare su partner industriali e su sponsor economici che si affianchino al sostegno fornito dall’Ateneo, anche per garantire la necessaria continuità delle risorse umane coinvolte e l’eventuale copertura degli studenti più brillanti che volessero fermarsi a proseguire il lavoro oltre la laurea.