Un modello generale di essiccazione intensificata e controllata
Gianpaolo Ruocco
La CFD complementata dalla descrizione di altri fenomeni fisici (come l’elettromagnetismo) consente ormai lo studio dei fenomeni di trasporto complessi, simultanei ed interdipendenti. Questo è il caso dell’esposizione alle microonde combinata con la convezione forzata localizzata, o getti impingenti. Presso la Scuola d’Ingegneria dell’Università degli Studi della Basilicata, nel Laboratorio di Modellazione e Prototipazione (ModProLab), sono in corso ricerche sia sul prototipo che effettua queste lavorazioni, sia sull’analogo modello matematico, per casi corrispondenti a quelli propri
dell’ implementazione industriale.

Nella biotecnologia molti substrati sono associati a composti di cui si vuole preservare importanti caratteristiche funzionali. Per raggiungere la stabilità del substrato, si utilizza l’essiccazione per decrementare l’umidità relativa a livelli tali da per evitare lo scadimento qualitativo, dovuto a contaminazioni microbiche, per estendere la shelf-life del prodotto e facilitarne l’handling. A causa dell’esposizione alle microonde (MW), l’acqua interna in fase liquida viene fatta evaporare; il vapore diffonde nella matrice ed affiora in superfice, da cui viene rimosso dai getti impingenti (GI). La convezione, mediante i pattern tipici dei GI, permettono un efficace controllo del trattamento, in funzione della geometria del substrato, soprattutto quando si impiegano GI freddi. Tale regime termico consente di preservare le caratteristiche qualitative del substrato e la mitigazione/controllo della formazione degli hot spot o zone di run away, che rovinerebbero il prodotto. La Fig. 1 riassume i fenomeni di trasporto interconnessi che si ritrovano durante il processo.
Per i prodotti biotecnnologici, tipicamente a bassa conducibilità termica, il riscaldamento con MW pone alcune difficoltà modellative, che diventano presto quasi intrattabili se si considerano Ie proprietà dielettriche che dipendono dalla temperatura e dall’umidità. La modellazione pone dunque diverse problematiche severe, principalmente per i seguenti motivi:
1) la natura multifase di questi problemi, che collega il trasporto di massa con quello dell’energia ed induce molti cicli iterativi per la convergenza delle equazioni;
2) la forte dipendenza delle proprietà dielettriche del substrato con la temperatura e l’umidità locali;
3 )i forti gradienti delle variabili indipendenti, che vengono attaccati medianti accurate griglie di calcolo;
4) la conseguente dimensione di queste griglie, che necessitano di una dotazione di RAM importante. A seguito della validazione con gli associati dati sperimentali, il modello può essere utilmente impiegato come un laboratorio virtuale, anche per pattern aeraulici generici, geometrie e substrati diversi. Qui di seguito si mostrano alcuni risultati che simulano i processi eseguiti col prototipo al ModProLab (Fig. 2).
La modellazione si basa sulle equazioni di Maxwell e del trasporto della massa, dell’energia e del trasporto turbolento della quantità di moto. Una speciale sequenza di soluzione delle equazioni è stata utilizzata per trattare la nonlinearità ed interdipendenza tra i vari meccanismi fisici, soprattutto con riferimento alle proprietà dielettriche del mezzo. I metodi iterativi GMRES e BiCGStab sono stati accoppiati a Multigrid V-Cycles, utilizzando risolutori diretti come MUMPS e PARDISO. Metodi BDF sono invece stati impiegati per le equazioni della massa e dell’energia. Ogni dettaglio sulla modellazione e i relativi metodi numerici può ritrovarsi in [2]. Si riportano brevemente qui di seguito alcuni risultati [3].
I pattern fluidodinamici possono essere ispezionati con cura (Fig. 3), al fine di determinarne l’effetto che essi inducono nei complessi boundary layer tridimensionali: l’aria rimuove una parte del calore prodotto a causa dell’assorbimento delle MW. Qui, per un numero di Reynolds di getto (Re) pari a 8800, si nota la regione di ristagno, direttamente sopra il substrato; lateralmente a questa il flusso si organizza e accelera, ma dalla parte dell’outlet dell’aria di lavoro il flusso è più consistente, staccandosi dalla superficie orizzontale e creando una regione sulla faccia verticale del substrato che è scarsamente interessata dall’azione dell’aria, e quindi è più calda.
I risultati del modello sono anche utilizzati per determinare la finitura termica e di umidità del substrato. I regimi di MW e GI possono essere combinati per raggiungere il trattamento ottimale, e il modello fornisce indicazioni preventive importanti, sia per il prototipo che per un eventuale impianto in scale-up. In Fig. 4 si può vedere la distribuzione della norma del campo elettrico, sovraimposto alle isoterme.
Con un temperatura di getto pari a 300 K e Re ancora 8800, in questo caso si è esposto il substrato a 1 kW per 60 s in modo pulsato asimmetrico, cioè mediante un ciclo di accensione più lungo di quello di spegnimento [3]. Si vede come le temperature superficiali più alte non si ritrovano dove la potenza MW è assorbita al massimo, a causa dell’interazione termofluidodinamica col GI. Infatti nel “locus” 1 si leggono temperature fino a 1000 K (zona run away, che il GI non è riuscito ad evitare), con un campo elettrico relativamente basso, mentre nel “locus” 2 dove c’è il massimo assorbimento elettromagnetico la temperatura è molto inferiore (540 K ca., per il maggiore effetto del GI). Nella Fig. 5 si osservano le stesse isoterme sovrapposte alla distribuzione di umidità residua. Si vede quindi come il modello consenta di ispezionare anche il risultato del trasporto di massa. A causa dell’interazione con la fluidodinamica e l’assorbimento elettromagnetico, le zone più umide non possono essere facilmente previste senza questo strumento.
In conclusione, questo modello consente di indicare le condizioni operative elettromagnetiche e termofluidodinamiche ottimali, durante una lavorazione con MW, per evitare temperature troppo alte e deidratazioni troppo spinte, anche mediante lo sfruttamente di idonee correnti localizzate d’aria.
Nota dell’autore
Nell’ultimo periodo di lavoro, sono stato coadiuvato dagli ingg. M.V. De Bonis, di CNR-ISPA (Bari) e P. Caccavale, di COMSOL Srl (Brescia), ai quali va il mio ringraziamento.
Riferimenti
[1] Pace, M., De Bonis, M.V., Marra, F., Ruocco, G. (2011). Characterization of a combination oven prototype: Effects of microwave exposure and enhanced convection to local temperature rise in a moist substrate. International Communications in Heat and Mass Transfer 38 557–564
[2] De Bonis, M.V., Caccavale, P., Ruocco, G. (2015). Convective control to microwave exposure of moist substrates. Part I: Model methodology. International Journal of Heat and Mass Transfer 86 943–949
[3] De Bonis, M.V., Caccavale, P., Ruocco, G. (2015). Convective control to microwave exposure of moist substrates. Part II: Model validation and application. International Journal of Heat and Mass Transfer 86 950-956