"Ciclope" perché la simulazione numerica ha ancora bisogno di informazioni di natura sperimentale
Marco Giachi
Un fenomeno che si estende per pochi millimetri finisce per condizionare tutto il campo di moto che può occupare spazi anche di diversi metri. Tutto questo “disordine” ha un nome tecnico ben preciso: turbolenza.
L’aerodinamica è una disciplina strana: apparentemente semplice fatta di quantità macroscopiche (pressioni, velocità), ma in realtà complessa dove sono i dettagli a fare la differenza.
E uno di questi dettagli, assai ben noto nel mondo della simulazione numerica, è lo strato limite. Anche sulla superficie più levigata le molecole a contatto con la parete rimangono sempre e comunque “appiccicate” alla parete stessa per via della viscosità dell’aria (o di qualsiasi altro fluido) e questo fatto genera “disordine” nelle molecole immediatamente adiacenti che, a loro volta, mettono in agitazione quelle ancora più lontane dalla parete e così via.
Un fenomeno che si estende per pochi millimetri finisce per condizionare tutto il campo di moto che può occupare spazi anche di diversi metri.
Tutto questo “disordine” ha un nome tecnico ben preciso: turbolenza.
E il modo con cui la turbolenza si genera e si propaga è fondamentale per qualsiasi simulazione numerica perché deve essere considerata nel modello matematico e devono essere simulati - almeno - i suoi effetti se non proprio le fluttuazioni stesse.
Ma per simulare una cosa bisogna prima conoscerla e studiare lo strato limite è complesso perché si parla di dimensioni piccole, molto piccole (lo strato di particelle da cui tutto si origina può essere di pochi decimi di millimetro anche in una struttura di grandi dimensioni come, ad esempio, l’ala di un aeroplano) e di fenomeni pulsanti non stazionari nel tempo.
Da qui l’idea di fare un modello in scala dello strato limite ma alla rovescia di quello che si fa normalmente nelle gallerie del vento, cioè fare un modello più grande della realtà.
Un tubo a sezione circolare genera al suo interno uno strato limite che dopo trenta/quaranta diametri dall’imbocco si è completamente sviluppato ed ha raggiunto lo spessore finale pari al raggio. Dopo, si mantiene costante e regolare grazie alla sezione circolare del tubo che genera un campo di moto assialsimmetrico per sua natura molto stabile. Stabile nel senso statistico perché le fluttuazioni turbolente ci sono eccome, ma sono “statisticamente stabili” ovvero con le stesse frequenze caratteristiche, le stesse scale, la stessa entità delle pulsazioni.
Tutta questa premessa per introdurre CICLoPE (Centre for International Cooperation in Long Pipe Experiments), una galleria la cui camera di prova è costituita, appunto, da un tubo circolare con pareti tirate a specchio lungo 110 m con un diametro di 1 m all’interno del quale si forma lo strato limite (quindi spesso 50 cm) che si presta a qualsiasi tipo di indagine.
Il progetto CICLOPE nasce sotto la spinta della comunità scientifica internazionale per avviare un’esplorazione sistematica e dettagliata (ovvero misure sperimentali di alta precisione), allo scopo di redigere una mappa rappresentativa del moto caotico dei fluidi (turbolento) che sia al tempo stesso facilmente consultabile (cioè, avere un modello che consenta di fare delle previsioni accurate in tempi ragionevoli). Nel grande tubo di CICLOPE, realizzato in fibra di carbonio, viene fatta scorrere dell’aria ad alta velocità in un ambiente controllato e privo di disturbi esterni, per ricreare le condizioni riscontrate in natura. L’idea di costruire tale laboratorio all’interno delle gallerie delle ex-Officine Caproni di Predappio è stata del prof. Alessandro Talamelli, che dal 2005 coordina questo progetto finanziato con fondi infrastrutturali europei dalla regione Emilia-Romagna, avvalendosi dal 2013 della collaborazione con il dott. Gabriele Bellani.
Conoscere efficacemente il moto turbolento dei fluidi consentirà in futuro di stimare con più precisione la quantità di energia necessaria a far muovere un aereo in aria, e permetterà di prevedere con più precisione i moti atmosferici e oceanici, e magari valutare gli effetti dei cambiamenti climatici sugli equilibri del nostro ecosistema.
La massima ricaduta sarà in sinergia alla simulazione numerica che potrà beneficiare delle misure di turbolenza fatte con CICLOPE per migliorare i propri modelli. Purtroppo questi studi richiedono tempo, e non garantiscono profitti a breve termine. Difficilmente quindi riescono ad attrarre investimenti privati. Tuttavia sono di indubbio interesse per il futuro della la collettività stessa, ed è questo il dividendo di cui si deve tener conto, ma che spesso viene trascurato, quando si deve pesare il valore della spesa pubblica nella ricerca di base.
Un po’ di storia
Nel 1952 la NACA pubblicava il Rapporto Tecnico TR 1174 dal titolo “The Structure of Turbulence in Fully Developed Pipe Flow” di John Laufer, oggi disponibile sul sito http://digital.library.unt.edu/ark:/67531/metadc60553/m1/7/.
A distanza di circa cinquanta anni è interessante il confronto con l’iniziativa di CICLOPE anche perché il sommario dell’articolo risulta ancora oggi estremamente chiaro per capire la complessità della turbolenza nello strato limite.
“Measurements, principally with a hot-wire anemometer, were made in fully developed turbulent flow in a 10-inch pipe at speeds of approximately 10 and 100 feet per secon. Emphasis was placed on turbulence and conditions near the wall. The results include relevant mean and statistical quantitie, such as Reynolds stresses, triple correlations, turbulent dissipation, and energy spectra. It is shown that rates of turbulent- energy production, dissipation, and diffusion have sharp maximums near the edge of the laminar sublayer and that there exist a strong movement of kinetic energy away from this point and an equally strong movement of pressure energy toward it. Finally, it is suggested that, from the standpoint of turbulent structure, the field may be divided into three regions: (1) Wall proximity where turbulence production, diffusion, and viscous action are all of about equal importance; (2) the central region of the pipe where energy diffusion plays the predominant role; and (3) the region between (1) and (2) where the local rate of change of turbulent-energy production dominates the energy received by diffusion action”.

Tratto da “Unibo-magazine”
Il CICLoPE rientra nel network europeo EUHIT (www.euhit.org), che collega le eccellenze internazionali a livello di infrastrutture per lo studio della turbolenza e che include fra gli altri il Max Plank Institute e il CERN di Ginevra. Tramite EUHIT e la rete internazionale del CICLoPE sono già attive diverse collaborazioni tra l’Università di Bologna e vari gruppi di ricerca internazionali molto interessati dalle nuove possibilità di sperimentazione e prospettive di sviluppo offerte dal nuovo laboratorio.
Il laboratorio è stato realizzato grazie ad una serie di finanziamenti della Comunità Europea, veicolati dalla Regione Emilia-Romagna, nell’ambito dei programmi Obiettivo 2 e POR-FESR e con il contributo fondamentale dell’Università di Bologna. I lavori di realizzazione si sono svolti in tre fasi successive. Nella prima, terminata nel 2010, è stata effettuata un’opera di recupero e consolidamento dell’area e dei tunnel. Nella seconda, anche grazie all’acquisto da parte del Comune di Predappio dell’area esterna ai tunnel, è stato realizzato il laboratorio vero e proprio con tutti i suoi sistemi. E nella terza fase, parzialmente finanziata anche con fondi CIPE, è stata realizzata la galleria del vento (il Long Pipe) che costituisce l’attrezzatura sperimentale con la quale verranno effettuati gli esperimenti.
Tratto da “Unibo-magazine”
Per saperne di più:
www.ciclope.unibo.it/index.htm