Un manipolatore per prove dinamiche in galleria del vento con hardware-in-the-loop: analisi elastodinamica
A cura di Enrico Fiore, Davide Ferrari, Hermes Giberti, Marco Belloli
L’attività presentata in questo articolo si inserisce in un più ampio programma di ricerca che si occupa della costruzione di un manipolatore robotico a 6-gdl, da installare in galleria del vento come dispositivo per la realizzazione di prove dinamiche di interazione fluido struttura. In particolare l’obiettivo è quello di simulare in galleria del vento il comportamento in condizioni operative di generatori eolici off-shore galleggianti e di barche a vela. Nel dettaglio, si vogliono testare, per i generatori eolici, diverse tipologie di ormeggio, mentre, per le barche a vela, diverse tipologie di manovra al variare delle regolazioni delle vele. Il dispositivo robotico necessario per tale applicazione non è un semplice posizionatore statico, ma un sistema di movimentazione dinamico che dovrà essere integrato negli esperimenti come emulatore “in-the-loop” (HIL) del mare. Per ottenere tale modalità operativa è necessario misurare le forze e le coppie scambiate tra modello aerodinamico da testare in galleria del vento e piattaforma robotica attraverso una bilancia a sei assi. Esse saranno introdotte in un modello matematico in grado di pilotare la piattaforma robotica in modo che il suo movimento simuli il comportamento del mare. Alla piattaforma robotica sono resi solidali il modello di turbina eolica o di barca permettendo la simulazione del comportamento di un corpo galleggiante che interagisce con una corrente d’aria.

Il problema
Per l’applicazione in via di realizzazione si è deciso di utilizzare una soluzione robotica a cinematica parallela così da sfruttare le elevate doti dinamiche che queste soluzioni offrono e in modo da ridurre l’ingombro verticale complessivo del sistema robotico. Quest’ultimo vincolo risulta infatti molto importante in quanto è fondamentale non perturbare eccessivamente la vena fluida così da non degradare la qualità dell’aria prodotta dai ventilatori della galleria del vento.
I robot a cinematica parallela trovano un più largo impiego rispetto a quelli a cinematica seriale in quelle applicazioni in cui la precisione richiesta è elevata. Infatti, dato che gli errori non si sommano in serie, le catene cinematiche chiuse hanno l’effetto positivo di ridurre la sensibilità complessiva del posizionamento dell’end-effector rispetto alle varie fonti di errore. Il prezzo che si paga usando tali soluzioni è quello di avere un volume di lavoro limitato rispetto alle dimensioni totali della macchina. Per tale ragione è richiesta una progettazione accurata e una fase di studio preliminare molto approfondita.
In questo articolo viene descritta una piccola parte della fase di progettazione ed in particolare, la procedura di analisi utilizzata per valutare la soluzione robotica da un punto di vista della precisione di posizionamento. Tale precisione dipende infatti da diversi fattori, tra i quali gioca un ruolo fondamentale la flessibilità dei componenti.
Al fine di eseguire delle simulazioni di tipo hardware-in-the-loop in galleria del vento, sono state prese in considerazione ed ottimizzate due diverse tipologie di architettura a cinematica parallela denominate Hexaslide e Hexaglide (Fig. 1).
Entrambe le macchine sono costituite da sei link di lunghezza fissa che legano una piattaforma mobile a sei guide differenti. In questo modo si vengono a creare sei catene cinematiche indipendenti di tipo PUS (Prismatico-Universale-Sferico). Queste due macchine presentano inoltre il vantaggio di avere il sistema di attuazione completamente a terra, con il risultato di avere una riduzione della massa traslante complessiva, e quindi un minore carico inerziale da vincere. Nell’Hexaslide le guide sono a due a due parallele e l’asse di ogni coppia di guide è sfasato di 120° rispetto alle altre; questo tipo di disposizione garantisce un certo grado di isotropia di movimento al manipolatore. Nell’Hexaglide invece le guide sono tutte parallele e quindi la macchina presenta una direzione privilegiata di movimento, ovvero quella parallela alla direzione di provenienza del vento.
Per l’applicazione in esame risulta necessario investigare, con l’ausilio di un modello ADAMS, gli effetti in termini di flessibilità prodotti dai possibili sistemi di attuazione degli slider (ovvero trasmissione lineare a cinghia o a vite a ricircolo di sfere) e dei link che collegano la piattaforma mobile a quella fissa per le due soluzioni cinematiche identificate e idonee a compiere i movimenti richiesti negli spazi disponibili.
Il modello e la simulazione
Il modello in ADAMS sviluppato per l’analisi della flessibilità delle due soluzioni cinematiche identificate è costituito da: una piattaforma modellata come corpo rigido (un parallelepipedo per l’Hexaglide, ed un cilindro per l’Hexaslide); sei link flessibili che nel caso dell’Hexaslide sono di lunghezza identica mentre nell’Hexaglide sono divisi in tre coppie di uguale lunghezza; sei slider modellati come parallelepipedi; sei guide lineari flessibili.
Per vincolare il sistema sono stati considerati dei giunti ideali, in particolare sono stati inseriti dei giunti sferici fra la piattaforma mobile e ciascuno dei sei link, sei giunti di tipo universale con il compito di legare ogni link col corrispondente slider, ed infine sei giunti prismatici in modo da assicurare che gli slider possano unicamente traslare lungo l’asse della propria guida e scaricare a terra le eventuali coppie e componenti di forza perpendicolari all’asse della guida.
La prima frequenza propria del sistema può essere mappata in maniera sistematica su tutto lo spazio di lavoro, utilizzando una griglia discreta di punti. Sia per la fase di modellazione che per quella di analisi sono stati utilizzati dei marker di riferimento. In particolare i più importanti sono l’Origine e il Tool Center Point (TCP), che rappresentano rispettivamente il sistema di riferimento fisso e quello mobile. Tutti gli altri marker utilizzati per la creazione di corpi, vincoli, e forze, sono stati parametrizzati in maniera tale che cambiando le coordinate del TCP ciascun elemento del manipolatore si ridisponesse nella nuova configurazione.
È ragionevole assumere che il primo modo di vibrare del robot coinvolga la rigidezza flessionale dei link a causa della loro conformazione. Dato che i link si presentano come strutture lunghe e snelle, sono stati modellati come elementi beam discreti. Questo tipo di elementi è costituito da un insieme di segmenti, dei corpi rigidi in sostanza, connessi attraverso un campo di forza utilizzato per simulare le rigidezze flessionali, torsionale ed assiale di una trave. Ogni segmento è stato schematizzato come un cilindro cavo.
Come già detto, la piattaforma mobile è stata considerata come un corpo rigido. Infatti l’idea è che la piattaforma sia costituita da un set di piastre di alluminio con opportune nervature atte a contrastare l’inflessione delle piastre, in modo tale da avere una struttura che risulti allo stesso tempo rigida e leggera. Per quanto riguarda l’inerzia, per la piattaforma è stata considerata una massa complessiva di 50 kg. I sei gradi di libertà della piattaforma mobile vengono realizzati tramite l’attuazione di altrettante unità di trasmissione lineare solidali con la base. Questi organi permettono di trasformare il moto rotatorio dei motori elettrici in lineare attraverso due possibili soluzioni: trasmissione a cinghia oppure a vite.
Le unità di trasmissione a cinghia sono costituite da una fascia di poliuretano avvolta attorno a due pulegge, una delle quali è quella motorizzata. Gli slider sono connessi a questa fascia attraverso un supporto, che ha il compito di scaricare a terra i momenti e le componenti di forza dirette perpendicolarmente all’asse delle guide. Dato che la fascia è sottile e la sua densità è relativamente bassa, il suo contributo inerziale è stato trascurato, così come quello delle pulegge, in quanto durante le analisi si suppone che il motore sia bloccato. A valle di queste considerazioni, le unità di trasmissione a cinghia sono state modellate come delle forze elastiche con una rigidezza variabile in funzione della posa del robot.
Per quanto riguarda le unità di trasmissione a vite a ricircolo di sfere queste sono state trattate come delle travi di sezione cilindrica di lunghezza pari all’escursione totale degli slider. A differenza di quanto fatto per le unità di trasmissione a cinghia, in questo caso l’inerzia della vite non può essere trascurata in quanto essa è costituita da un cilindro pieno di acciaio rotante a velocità molto elevate attorno al proprio asse. Anche in questo caso la vite è stata trattata come un elemento flessibile discreto (Fig. 2).
Una delle sue estremità è stata vincolata con un giunto cilindrico in modo da lasciare libera la rotazione attorno all’asse della vite; l’estremità in corrispondenza del motore invece è stata vincolata con un incastro poiché, come detto in precedenza, si suppone che il motore sia bloccato durante le analisi. Riprodurre l’accoppiamento vite-madrevite è abbastanza difficoltoso dal momento che uno dei due corpi tra cui è applicato il vincolo cambia al variare della posa del robot. In altri termini, il segmento di vite a cui è applicato tale vincolo cambia al variare della posizione dello slider lungo la guida. In definitiva si può affermare che gli spostamenti dello slider sono contrastati da una forza elastica che è direttamente proporzionale alla rigidezza torsionale della vite
Risultati
Realizzati i modelli e messo a punto l’ambiente di simulazione parametrico in grado di mappare per ogni soluzione lo spazio di lavoro al variare della posa assunta dalla piattaforma si è proceduto con la realizzazione della mappe di “rigidezza”.
Tutte le analisi sono state condotte imponendo condizioni nulle di velocità ed accelerazione sia per gli slider che per la piattaforma. Per ciascuna posa ADAMS cerca una posizione di equilibrio e linearizza il sistema attorno a questa configurazione.
A questo punto viene calcolato il primo autovalore, viene salvato in un file di tipo .txt ed infine viene utilizzato per generare un set di mappe su vari piani per rappresentare la variazione della prima frequenza propria del sistema lungo tutto lo spazio di lavoro.
In Fig. 3 sono riportati degli esempi dei risultati ottenuti da questa analisi. Si può notare come in generale il comportamento dell’Hexaglide sia migliore in tutto lo spazio di lavoro.
Inoltre si vede come il sistema di trasmissione a vite comporti un peggioramento minimo rispetto al caso ideale (dell’ordine dell’Hz), a differenza del sistema di trasmissione a cinghia che causa una riduzione di circa 10 Hz del valore della prima frequenza propria sull’intero spazio di lavoro.
Conclusioni
All’interno di questo articolo vengono presentati i tools utilizzati per valutare quale sia il contributo delle unità di trasmissione lineare alla flessibilità complessiva di due tipologie di macchine. I risultati di questa analisi mostrano come la cedevolezza dei sistemi di trasmissione contribuisca a ridurre la prima frequenza propria del sistema. Come ci si aspetta la differenza rispetto al caso ideale è più marcata nel caso di trasmissione a cinghia, ma in ogni caso, pur considerando i punti più critici, i valori della prima frequenza propria del sistema sono ben al di sopra della massima frequenza di movimentazione della macchina e di quella dei fenomeni aerodinamici coinvolti, inferiori ai 3 Hz.
L’incremento della potenza di calcolo disponibile nei moderni sistemi di controllo e computer ha permesso di rivoluzionare il processo di test della apparecchiature introducendo le tecniche che vanno sotto il nome di “Hardware In the Loop” (HIL). Attraverso questa modalità di verifica il dispositivo da testare non è più realmente collegato all’ambiente o inserito all’interno del sistema nel quale sarà chiamato ad operare ma viene “stimolato” da un apposito sistema comandato da un computer in grado di simulare attraverso un modello matematico il comportamento dell’elemento mancante. In questo modo si ottengono diversi vantaggi, ad esempio è possibile testare anche sono una parte del sistema quindi si può lavorare su prodotti non finiti oppure come nel caso in esame in un ambiente controllato riducendo gli oneri legati alle campagne sperimentali da eseguire in condizioni ambientali difficili.
GLI AUTORI
Enrico Fiore nasce a Taranto il 22 Novembre 1990. Nel 2012 ottiene una laurea di primo livello in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Milano. Nel 2014 consegue la Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica con specializzazione in Meccatronica e Robotica sempre presso il Politecnico di Milano, con un lavoro di tesi intitolato “Un manipolatore per prove dinamiche in galleria del vento: sintesi cinetostatica ed analisi dinamica”. Nel Maggio 2014 partecipa al bando per il XXX ciclo di Dottorato di ricerca presso il Politecnico di Milano e a partire dal novembre 2014 diventa ufficialmente dottorando, ruolo che attualmente riveste.
Il suo campo di ricerca ed i suoi interessi riguardano principalmente la robotica, ed in particolare i manipolatori a cinematica parallela, a partire dalla fase progettuale e di sintesi cinetostatica fino alla loro realizzazione e messa a punto.
Davide Ferrari si è laureato in Ingegneria Aerospaziale (triennale) e in Ingegneria Meccanica (specialistica) al Politecnico di Milano, è titolare di un Assegno di Ricerca presso il Dipartimento di Meccanica.
Svolge attività di supporto tecnico-scientifico allo Start-Up del Laboratorio di Ricerca per la Nautica del Polo di Lecco, occupandosi del progetto di una piattaforma robotica a sei gradi-di-libertà con architettura a cinematica parallela: il dispositivo sarà impiegato come simulatore di movimento nella camera di prova di tipo civile della Galleria del Vento del Politecnico di Milano (GVPM), per prove dinamiche con hardware-in-the-loop su modelli in scala di sistemi nautici.
I suoi interessi scientifici sono la sintesi cinematica e cinetostatica dei meccanismi, la modellazione dinamica delle macchine e tutte le fasi del progetto meccatronico.
Marco Belloli, laureato in Ingegneria Meccanica nell’anno 1999 presso il Politecnico di Milano, consegue nel 2004 il titolo di Dottore di Ricerca in Meccanica applicata. Dal dicembre 2002 al dicembre 2014 è Ricercatore e a seguire Professore Associato presso il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano. Dal maggio 2014 è membro del consiglio scientifico della galleria del vento del Politecnico di Milano.
L’attività scientifica è principalmente svolta nel campo dell’analisi numerica e sperimentale del comportamento dinamico e della stabilità dei sistemi meccanici, in particolare l’ambito è quello della dinamica delle strutture immerse in fluidi in movimento.
L’attività scientifica ha dato luogo a oltre cento lavori presentati a congressi nazionali, internazionali o pubblicati su riviste scientifiche.
È titolare del corso di Fondamenti di Meccanica Teorica ed Applicata per allievi energetici e del corso di Meccanica delle vibrazioni per gli allievi meccanici della sede di Piacenza.
Hermes Giberti, ricercatore Universitario Confermato per il SSD ING-IND/13 (Meccanica Applicata alle Macchine) presso il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano. Titolare dei corsi: “Meccanica Applicata e Disegno” e “Progettazione Meccanica Funzionale”. I suoi attuali interessi scientifici riguardano l’automazione industriale e in particolare la sintesi cinematica, il progetto e la realizzazione di sistemi automatici, attingendo a quell’insieme di competenze che vanno sotto il nome di Meccatronica. In particolare modo si è dedicato allo studio di sistemi robotici a cinematica parallela e ai sistemi di azionamento elettrico e pneumatico. È autore di circa 100 pubblicazioni scientifiche, presentate a congressi nazionali e internazionali o pubblicate su riviste scientifiche specializzate.