Il bulbo olfattivo come sistema modello per la simulazione di funzioni cerebrali di alto livello
Michele Migliore, Francesco Cavarretta
Comprese le relazioni funzionali che intercorrono fra le varie componenti del bulbo olfattivo, si potrebbero progettare nuovi tipi di reti o circuiti artificiali ispirati al suo funzionamento. Le applicazioni spazierebbero da nuovi algoritmi di classificazione o proiezione dei dati, all’implementazione di nuovi codici a correzione d’errore, a sistemi per facilitare il clustering dei dati.

Tra le grandi sfide scientifiche che saranno affrontate nei prossimi anni c’è quella di simulare un intero cervello umano, attraverso l’uso di modelli matematici a diverse scale di integrazione (Markram, 2012). La realizzazione di un progetto simile richiede ovviamente la soluzione di moltissimi problemi, sia tecnici che concettuali. Uno di questi, che affronteremo in quest’articolo, è correlato alle limitazioni tecniche dei metodi sperimentali attualmente utilizzati per studiare il cervello nei suoi vari livelli di integrazione. Nel nostro laboratorio ci occupiamo di sviluppare modelli matematici di sistemi cerebrali che rendano possibile il collegamento tra le proprietà ed i meccanismi cellulari microscopici a livello di singolo neurone, con le funzioni cerebrali macroscopiche complesse, quali memoria e apprendimento, osservate a livello macroscopico. Quest’approccio permette, per esempio, di riprodurre in modo molto realistico i risultati osservati sperimentalmente. Questo consente non solo la comprensione di esperimenti con risultati poco chiari, ma anche di predire o suggerire nuovi esperimenti che possano spiegare meglio i meccanismi cellulari coinvolti. Le conseguenze possono essere particolarmente importanti per indirizzare la ricerca in questo campo ed identificare nuove linee di intervento terapeutico per diverse malattie mentali. Alla base delle nostre ricerche c’è la consapevolezza che i circuiti cerebrali, che trasformano un input sensoriale in un segnale neuronale che possa essere immediatamente classificato, codificato, riconosciuto, ed eventualmente memorizzato, sono tuttora piuttosto confusi e misteriosi. Noi usiamo un approccio modellistico bottom-up che potrebbe dare un ausilio fondamentale alla soluzione di questo tipo di problemi, usando tecniche avanzate di simulazione. Nello studio di questo tipo di problemi è essenziale individuare un sistema modello da investigare. Per ottenere il miglior risultato possibile, il sistema scelto dovrebbe avere diverse caratteristiche particolari: 1) avere un’organizzazione funzionale relativamente semplice, 2) essere composto da un numero relativamente piccolo di neuroni, 3) essere ampiamente studiato sperimentalmente, 4) dev’essere possibile il confronto diretto dei risultati sperimentali su specie diverse, inclusi gli umani, 5) essere coinvolto nelle funzioni cerebrali più elevate. L’unico sistema cerebrale che ha tutte queste caratteristiche è il bulbo olfattivo. E questo è il sistema sul quale abbiamo concentrato i nostri sforzi.
Il bulbo olfattivo (Fig.1, sinistra) è una regione cerebrale con caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto allo studio ed alla modellizzazione delle funzioni cognitive di alto livello, quali memoria, apprendimento, e riconoscimento (di odori, in questo caso). Una caratteristica importante del bulbo olfattivo, per i nostri scopi, è la dimensione ridotta rispetto ad altre regioni del cervello. Le mitral cells (i neuroni principali, eccitatori) sono circa 50000 e le granule cells (piccoli neuroni inibitori) sono intorno al milione. Le mitral cells proiettano i propri dendriti distali (chiamati tuft) in zone morfologicamente ben definite, chiamate glomeruli (Fig. 1, destra). Ciascun glomerulo è composto da tuft di 20-40 mitral cells e da circa 2000 assoni provenienti da tutti i neuroni sensoriali olfattivi che esprimono lo stesso recettore. Ci sono circa 1800 glomeruli, distribuiti sulla superficie del bulbo olfattivo.
Usando metodi e tecniche che sono attualmente di frontiera nel campo delle neuroscienze computazionali, noi abbiamo implementato un modello computazionale in 3D del bulbo olfattivo (Fig. 2A).
Lo scopo principale è stato quello di ottenere, a partire dalle informazioni sperimentali ottenute per i vari livelli di integrazione del segnale, un sistema con il quale studiare i meccanismi cellulari più importanti, con i quali il bulbo olfattivo ripulisce, organizza e codifica un segnale in ingresso (un odore) in modo da semplificare il riconoscimento (e l’eventuale apprendimento) immediato da parte della corteccia. Utilizzando tutte le informazioni sperimentali disponibili, per esempio la struttura morfologica e topologica delle popolazioni di neuroni del bulbo olfattivo e le mappe di attivazione degli input in presenza di una varietà di odori, i risultati che potremo ottenere dal modello saranno direttamente confrontabili con quelli ottenuti sperimentalmente sia in laboratorio che in vivo. Sarà quindi possibile sfruttare i risultati delle simulazioni non solo per capire in modo più dettagliato il funzionamento del cervello, ma anche di predire nuovi sviluppi sperimentali o applicativi.
Per implementare il modello siamo partiti da risultati ottenuti in vivo. In presenza di diversi odori “naturali”, quali caffè, cipolla, kiwi, banana, etc, il segnale neuronale generato dai recettori sensoriali attiva molte zone del bulbo (chiamate glomeruli) in modo diffuso, ma con caratteristiche e distribuzione uniche per ogni odore. Il laboratorio del Prof. Alan Carleton (Università di Ginevra) ci ha fornito le mappe di attivazione in presenza di diversi odori naturali per 128 glomeruli (Vincis et al., 2012) presenti sulla parte dorsale del bulbo olfattivo (Fig. 2B). Noi abbiamo riprodotto la loro distribuzione spaziale nel modello, implementato con un ellissoide di dimensioni corrispondenti a quelle osservate negli animali da laboratorio (ratti, nel nostro caso).
Il passo successivo è stato quello di progettare e implementare un algoritmo generale per creare le mitral cells. Queste ultime sono neuroni con diversi dendriti e ramificazioni piuttosto lunghe (circa 1 mm) che si sviluppano all’interno del bulbo ed interagiscono con i dendriti delle granule cells attraverso sinapsi reciproche (Fig. 1, destra). Poiché questi neuroni sono fondamentali per le operazioni computazionali svolte dal bulbo, è stato necessario porre molta attenzione alla loro modellizzazione. Ci siamo quindi rivolti al Prof. Kensaku Mori (University of Tokio), responsabile dell’unico laboratorio finora in grado di ottenere alcune ricostruzioni complete in 3D di mitral cells (un processo particolarmente lungo e delicato a causa della particolare morfologia di questi neuroni), il quale ci ha fornito i file di alcune delle loro ricostruzioni (Igarashi et al., 2012).
Dopo aver analizzato statisticamente le proprietà morfologiche principali di questi neuroni, quali la direzione di crescita, la lunghezza dei dendriti, e la probabilità di biforcare, abbiamo creato un algoritmo che permettesse di sintetizzare un numero infinito di mitral cells con proprietà statisticamente indistinguibili da quelle reali ed in grado di seguire la forma del bulbo (Fig. 3).
Le morfologie ottenute sono state anche utilizzate come base per creare i file nel formato necessario alla stampa in 3D dei neuroni (Fig. 4).
Le granule cells, neuroni morfologicamente molto più compatti, sono state modellate in modo più semplice con un soma sferico, un singolo dendrita e un gruppo di sinapsi connesse in modo random con i dendriti delle mitral cells più vicini (per una discussione più dettagliata ved. Migliore et al., 2014). Un esempio del sistema completo è mostrato in Fig. 5.
I modelli matematici delle proprietà elettrofisiologiche di tutti i neuroni e delle sinapsi coinvolte sono stati implementati in accordo con i dati sperimentali disponibili, seguendo il formalismo delle equazioni di Hodgkin e Huxley, sviluppato negli anni ’50 per descrivere la generazione dei potenziali d’azione dei neuroni, e tuttora valido (Hodgkin e Huxley, 1952). L’insieme di tutti i neuroni e delle loro connessioni è composto da un sistema di circa 30 milioni di equazioni differenziali ordinarie non lineari, risolto numericamente da un programma (NEURON, Hines and Carnevale, 1997) creato appositamente per la realizzazione di simulazioni realistiche di neuroni. Naturalmente, un sistema di questa complessità necessita di un supercomputer parallelo. Noi usiamo regolarmente il sistema FERMI del CINECA (Fig. 6) sul quale abbiamo installato sia NEURON che python, integrati in un unico programma di simulazione parallelo.
Le simulazioni girano con un’efficienza maggiore del 98% utilizzando 2048 processi. Note più tecniche sull’approccio utilizzato per massimizzare l’efficienza della simulazione in parallelo sono discusse in Migliore et al., (2014). Una simulazione tipica, un odore presentato per 40 secondi, richiede circa 10 ore di tempo macchina e genera 10 Gb di output. Per visualizzare ed analizzare i risultati abbiamo poi creato un set di programmi utilizzando software di dominio pubblico. In particolare, è stato utilizzato l’ambiente Mayavi (www.enthought.com) per la visualizzazione in tempo reale del sistema e dei risultati di una simulazione. Per la generazione di filmati che illustrassero la dinamica, la propagazione dei segnali, e l’auto-organizzazione della rete, abbiamo usato il programma ffmpeg (www.ffmpeg.org) per montare una serie di singoli fotogrammi realistici, di qualità full HD, generati adattando opportunamente il programma POVRay ( www.povray.com ). Due fotogrammi di esempio sono mostrati in Fig. 7. Un filmato completo in full HD è scaricabile dal database pubblico ModelDB (http://senselab.med.yale.edu/ModelDB/ , acc.n. 151681).
Un esempio dei risultati preliminari che abbiamo ottenuto è mostrato in Fig. 8, ed è il risultato della configurazione della rete sinaptica alla fine di una simulazione di test con 5 mitral cells appartenenti allo stesso glomerulo, attivato per 20 secondi.
Particolarmente evidenti sono la formazione di sinapsi più forti (sfere in rosso) sotto i soma delle mitral cells (la zona da dove il segnale di output del bulbo viene trasmesso alla corteccia, cf. Fig. 1, destra), e la forte inibizione generata dalle granule cell sui dendriti delle mitral cell (dendriti colorati dal giallo al bianco). Da un punto di vista più generale, questo tipo di configurazione sinaptica è generata in base a come ciascun odore attiva i vari glomeruli, e può variare nel tempo in base alle esperienze olfattive. Ne consegue quindi che la configurazione sinaptica del bulbo olfattivo di ogni individuo può essere considerata come l’espressione della storia passata degli odori ai quali si è stati esposti, e ne determina il modo in cui si percepiscono sia gli odori conosciuti sia quelli nuovi. La configurazione sinaptica a seguito della presentazione di alcuni odori naturali a partire da una rete mai esposta ad altri odori è mostrata in Fig. 9.
Alcune considerazioni finali danno un’idea delle possibili conseguenze applicative del nostro approccio di riprodurre in modo realistico un sistema cerebrale. Nel bulbo olfattivo l’informazione segue un flusso ben preciso: l’input entra dai glomeruli, viene codificato sotto forma di potenziali d’azione, elaborato mediante l’interazione fra le mitral e le granule cell, e inviato alla corteccia attraverso gli assoni delle mitral cell, dove gli odori presenti in input vengono riconosciuti. Si può immaginare che, dopo averne capito il ruolo svolto nella modulazione del segnale, il sistema si presta bene ad essere imitato algoritmicamente o con una componente hardware appropriata. Le applicazioni quindi spazierebbero dall’ambito puramente informatico ed elettronico a quello biomedico. Per esempio, fra le funzioni del bulbo olfattivo vi sono quelle di pattern completion e pattern recognition. Quest’ultima si è rivelata invariante rispetto alla concentrazione degli odoranti, particolarmente robusta rispetto all’incompletezza dei pattern di stimolazione (Kaplan et al., 2014), e fortemente discriminante in presenza di odori che attivano glomeruli in comune (Stettler et al., 2009). Inoltre, la distribuzione temporale dei potenziali d’azione generati dalle mitral cell evidenzia una progressiva decorrelazione durante la presentazione di odori. La proiezione di questi in uno spazio in tre dimensioni, utilizzando la principal component analisys, ha mostrato anche in questo caso stabilità e invarianza rispetto alla concentrazione degli odori in input (Niessing et al., 2010).
In conclusione, una volta capite le relazioni funzionali che intercorrono fra le varie componenti del bulbo olfattivo, si potrebbero progettare nuovi tipi di reti o circuiti artificiali ispirati al suo funzionamento. Le applicazioni andrebbero da nuovi algoritmi di classificazione o proiezione dei dati, all’implementazione di nuovi codici a correzione d’errore, a sistemi per facilitare il clustering dei dati.
Bibliografia
Hines, M. and Carnevale, N.T. (1997). The NEURON simulation environment. Neural Comp. 9, 1179-1209.
Igarashi, K.M. Ieki, N. and An, M. Yamaguchi, Y. Nagayama, S. Kobayakawa, K. Kobayakawa, R. Tanifuji, M. Sakano, H. Chen, W.R. and Mori, K. (2012). Parallel mitral and tufted cell pathways route distinct odor information to different targets in the olfactory cortex. J Neurosci. 32, 7970-7985.
Kaplan, B.A. And Lansner, A. (2014). A spiking neural network model of self-organized pattern recognition in the early mammalian olfactory system. Front Neural Circuits. 7;8:5.
Markram, H., (2013) The Human brain project, Sci Am. 306:50-5.
Migliore, M. Cavarretta, F. Hines, M.L., Shepherd G.M. (2014) Distributed organization of a brain microcircuit analyzed by three-dimensional modeling: the olfactory bulb, Front Comput Neurosci. 8:50.
Niessing, J. and Friedrich RW. (2010). Olfactory pattern classification by discrete neuronal network states. Nature. 465, 47-52.
Stettler, D.D. and Axel, R. (2009). Representations of odor in the piriform cortex. Neuron. 63, 854-864.
Vincis, R. Gschwend, O. Bhaukaurally, K. Beroud, J. and Carleton, A. (2012). Dense representation of natural odorants in the mouse olfactory bulb. Nat Neurosci. 15, 537-539.