Periodico bimestrale
ISSN 1128-3874
CFD

Telai come “vele”

A cura di Marco Giachi

Secondo le simulazioni, il telaio di una bici da cronometro rappresenta il 15% della resistenza totale e si porta via una parte significativa dei 300-400 Watts sviluppati dal “motore umano”.

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La vittoria di Vincenzo ha avuto inizio ben prima della partenza del Tour a Leeds. Con il programma Body Geometry Fit System la sua posizione in sella su strada e per le crono è stata controllata per trovare la giusta combinazione tra potenza e comfort. Insieme allo Specialized Racing Team ha eseguito numerose prove in velodromo e su strada. Tutto questo, insieme alla disponibilità della ‘WIN Tunnel’ di Morgan Hill, ha dato a Vincenzo tutto l’appoggio necessario per far sì che lui si potesse concentrare sul pedalare mentre gli altri curavano i dettagli.

Per gentile concessione: Specialized Bicycle Components Italia S.r.l.

Da maggio a luglio il ciclismo professionistico mette in scena le sue opere maggiori ovvero le grandi corse a tappe - Giro d’Italia e Tour de France – ed è impossibile sottrarsi al fascino di queste manifestazioni che vogliono dire “low speed aerodynamics” e “bluff bodies”. Sul telaio si può discutere, ma il ciclista è di certo “bluff” e la velocità è senz’altro bassa, aerodinamicamente parlando. Il mondo della bici ha cominciato ad interessarsi seriamente all’aerodinamica nel 1989 quando l’americano Greg LeMond vinse il Tour de France per una manciata di secondi grazie alla sua posizione innovativa, con le braccia raccolte in avanti, a scapito del francese Laurent Fignon che pedalava in una posizione più tradizionale con le braccia esposte al vento.

Il fatto scosse, comprensibilmente, l’ambiente e tutti cominciarono a frequentare le gallerie del vento con telai decisamente sempre più belli e posizioni sempre più estreme. Poi sembrò che i telai fossero diventati anche “troppo” belli, arrivando a mettere in ombra la figura del ciclista, e questo non andava bene. Allora la Federazione Sportiva impose delle regole molto restrittive sulla loro forma, e per questo motivo oggi appaiono tutti molto simili. Ma la strada era tracciata e non si poteva tornare indietro.

Il calcolo numerico è arrivato una diecina d’anni fa quando i calcolatori hanno reso possibile la simulazione di un ciclista e della sua bici con mezzi accessibili anche ad un costruttore di biciclette, che avrà sempre un budget limitato per questo tipo di cose. Una simulazione tipica, con 25 milioni di elementi, “wall functions” ed un modello di turbolenza K-e, gira in un tempo ragionevole anche su un PC domestico un po’ robusto; ma già si sta passando a simulazioni più raffinate nelle quali il corpo del ciclista è quello reale (oggigiorno si può rilevare con estrema facilità con il laser e la sua forma è pressoché perfetta), i modelli di turbolenza usati sono  K-w SST ed il numero di elementi è salito a 30-35 milioni per riprodurre i dettagli del cambio, dei freni e degli altri accessori la cui forma viene anche questa digitalizzata con il laser, senza bisogno di passare per i disegni del CAD 3D.

Le simulazioni sono affidabili? Dall’esperienze acquisite di recente sembra di si ed in ogni caso, in un ambiente non molto abituato a parlare di aerodinamica, la CFD ha una valenza duplice perché, oltre che agli specialisti per verificare le loro pensate, serve ai non specialisti per “vedere” cose che, altrimenti, non avrebbero mai immaginato e spingerli a prendere decisioni che, in un ambiente tutto sommato conservatore, non avrebbero mai preso. E per questo secondo aspetto non serve tanta precisione, basta rappresentare i fenomeni fondamentali anche solo dal punto di vista qualitativo. Le prime scoperte fatte con la CFD sono state relative alla percentuale di resistenza che compete alla bici rispetto al ciclista (impossibile da ottenere in galleria del vento), poi è venuta la verifica (ma questo gli aerodinamici lo sapevano già) della grande quantità di zone turbolente che ci sono in giro ed, in tempi più recenti, si è cominciato a capire l’importanza dell’interferenza, principalmente delle gambe, del corridore sul telaio e ci si è resi conto che i tubi del telaio non sono mai a incidenza nulla anche in assenza perfetta di vento laterale (e con il vento laterale anche di più).

Questo ultimo aspetto ha avuto interessanti sviluppi perché qualcuno si è ricordato che le barche a vela, quando la direzione del vento sulle vele non coincide con quella di avanzamento della barca, riescono a risalire il vento di bolina ed ha pensato che lo stesso concetto, applicato alla bici, si poteva tradurre in una… spinta in avanti(!). Che può integrare non poco i 400-500 Watts  prodotti dal ciclista. E siamo così arrivati proprio all’ultimo grido, in fatto di aerodinamica delle bici da competizione: sezioni dei tubi con coda tronca ed ottimizzati per le condizioni di vento laterale sia naturale che indotto dalle gambe del ciclista.

Secondo le simulazioni, il telaio di una bici da cronometro rappresenta il 15% della resistenza totale e si porta via una parte significativa dei 300-400 Watts sviluppati dal “motore umano”. La ruota posteriore lenticolare è, forse, l’elemento che risente maggiormente della presenza delle gambe del ciclista e può produrre anche una leggera spinta con il corridore a bordo. Le gambe del corridore hanno una forte influenza in generale ma hanno anche un problema, che mette un po’ in crisi la simulazione numerica, ovvero non stanno mai ferme(!). E per ora questo problema non ha soluzione se non raddoppiare le simulazioni nelle due posizioni estreme (con pedali orizzontali e pedali verticali) e mediare i due risultati. In questo senso la galleria del vento è tornata competitiva perché in galleria il corridore può effettivamente pedalare e, quindi, se ne deriva che anche gli specialisti di CFD devono pedalare (in senso figurato, s’intende) e sviluppare i loro codici se vogliono riprendere il sopravvento nei confronti della sperimentazione.

Il calcolo numerico (CFD) viene usato estensivamente nello studio dell’aerodinamica dell’insieme telaio+ciclista (specialmente per gli assetti da cronometro dove la velocità pura conta maggiormente). Le opportunità di applicazione sono numerose e vanno dalla posizione del ciclista allo studio dell’abbigliamento (specialmente il casco per combinare una buona aerodinamica con una altrettanto buona capacità di ventilazione) passando, ovviamente, per il telaio della bicicletta incluse le ruote (il profilo dei cerchi) e gli accessori più minuti come i corpi dei freni.

La CFD si presta molto bene in un ambiente frequentato da sponsors, giornalisti, appassionati… ad essere usata anche come strumento generale di divulgazione e di diffusione di una mentalità sempre più rigorosa e scientifica. Ma gli addetti ai lavori, che di “contour plots” e “streamlines” ne hanno visti/e tanti/e, si chiedono anche il vero valore aggiunto che si è ricavato dall’approccio numerico in questi anni.

La prima risposta di “default” a questo quesito è sempre rappresentata dai soliti cavalli di battaglia ovvero capire, studiare, analizzare… che vanno sempre bene quando ci si interroga sull’utilità dell’approccio numerico ma, entrando più nello specifico, penso si possa citare lo studio del profilo dei tubi come un vero risultato raggiunto grazie alla CFD che sarebbe stato difficile da ottenere in galleria del vento.

 

La forma delle biciclette da competizione raggiunse livelli estremi dal punto di vista aerodinamico alla fine degli anni ’90 con il regolamento tecnico di allora, che si limitava a dire che “…ogni carenatura è proibita…”. È evidente che, appena furono abbandonati i tubi metallici in favore del molto più flessibile tessuto di carbonio, questa frase diventò immediatamente insufficiente a controllare l’estro dei progettisti. Per il semplice motivo che non c’era bisogno di aggiungere una carenatura. Bastava sagomare direttamete il telaio a forma aerodinamica. Dopo le Olimpiadi di Atlanta (del 1996) il regolamento tecnico cambiò drasticamente perché si pensava che telai così esotici potessero offuscare il ruolo dell’atleta e fu imposta, per le bici da cronometro, una forma triangolare con tubi che avessero al massimo una corda di 80 mm ed uno spessore percentuale minimo del 33%. Con queste premesse si è scatenata la corsa alla ricerca fine dell’ottimizzazione dei dettagli con il risultato che le biciclette attuali si assomigliano un po’ tutte ed i venditori di codici CFD hanno fatto ottimi affari.

 

Tipico profilo di ultima generazione usato praticamente da tutti i costruttori di telai di biciclette di elevate prestazioni. La bassa pressione che si genera, in caso di vento laterale, sulla parte anteriore del profilo è sufficiente a generare una resistenza negativa. La coda tronca è inevitabile dovendo rispettare uno spessore minimo del 33% imposto dal regolamento

Il regolamento tecnico impone profili con spessore percentuale minimo del 33% e questo rende assolutamente impossibile l’utilizzo dei profili tradizionali (ad esempio i profili NACA) stirati a spessori così elevati. In questo senso la CFD ha permesso di disegnare profili ad hoc con il bordo d’uscita troncato in grado di minimizzare la resistenza. Ma non solo. La comunità dei progettisti di biciclette si è molto evoluta in questi ultimi anni ed ha scoperto - insieme alla CFD - discipline come la statistica, la meteorologia… Alcuni hanno chiesto aiuto alle case automobilistiche e si è capito che la vecchia progettazione a 0° di imbardata non è la più conveniente perché - statisticamente parlando - il profilo non è mai a incidenza nulla; ed allora si è affermato il concetto di progettare ad angoli compresi tra 10° e 15° che ha portato (con la CFD) la scoperta che un profilo con questi angoli di vento laterale può anche dare una spinta come una vela di bolina ed allora le ore di CPU sono aumentate velocemente perché lo stesso concetto è stato esteso ai cerchi delle ruote i cui costruttori hanno dovuto adeguarsi rapidamente alle nuove tendenze per stare al passo dei telaisti.

Oggi, tutti i telai più evoluti (direi la totalità di quelli presenti al Tour de France) sono progettati secondo questi criteri ed il temutissimo vento laterale è un po’ meno temuto, almeno dal punto di vista del telaio. Per il corpo del ciclista è un’altra storia e la sua forma non consente (per ora) di avere un… ciclista di bolina. 

m.g.

 

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