Materiali da costruzione avanzati: tecniche di valutazione dell’integrità strutturale
G. Megali, C. Gamba Dipartimento MECMAT Facoltà di Ingegneria Università “Mediterranea” di Reggio Calabria giuseppe.megali@unirc.it
La valutazione non distruttiva, sotto il profilo dell’integrità, di componenti e sistemi e in seconda istanza della loro qualità, è oggi considerata un’attività strategica in campo industriale, in particolare, per l’industria militare. Le metodologie e le tecniche relative motivano un serio interesse per la gestione della sicurezza degli apparati impiegati negli svariati scenari militari, investendo diversi settori scientificodisciplinari.

I. INTRODUZIONE
Tra i sistemi oggi richiesti, con particolare riguardo per gli scenari militari, sono stati identificati una maggiore disponibilità di elicotteri, migliori apparati di comunicazione orientati ad una visione network-centrica delle operazioni, sistemi di natura tattica in grado di proteggere il personale dispiegato sul terreno (visioni notturni, protezioni balistiche individuali, veicoli come l’IVECO Lince, pensati ad initio per resistere agli ordigni improvvisati).
Alla luce del sempre maggiore impegno di consistenti contingenti nazionali negli attuali scenari operativi, anche la Difesa italiana [1] ha, ormai da tempo, avviato processi di adeguamento delle proprie forze operative, in linea con i principi ispiratori della Transformation [2] adottati dalla NATO. In tale quadro, particolare attenzione è assicurata alla Force Protection che viene perseguita attraverso l’armonizzazione delle seguenti linee di sviluppo:
continuo adeguamento tecnologico di capacità operative relative alla funzione ISR (impiego di unmanned vehicles, digitalizzazione, ecc.);
miglioramento della precisione di ingaggio (munizionamento guidato e “intelligente”, sistemi di gestione del fuoco ai minimi livelli ordinativi), perseguita allo scopo di limitare al massimo i collateral damages;
revisione continua dei sistemi addestrativi che assicurino la preparazione del personale in maniera aderente alle esigenze dettate dagli ammaestramenti delle operazioni;
adozione di soluzioni tecnologicamente adeguate nel campo dei materiali, idonee anche ad assicurare adeguata protezione passiva al personale contro le minacce portate dall’avversario.
Nell’ambito di quest’ultimo settore, si rammenta il valido esempio fornito dallo sviluppo del Veicolo Tattico Leggero Multiruolo (VTLM), piattaforma terrestre rivelatasi particolarmente valida nella condotta delle operazioni a più elevato rischio (per citare un esempio su tutti, l’Afghanistan [3]) per le caratteristiche di protezione e mobilità eccellenti e riconosciute anche in ambito internazionale. Sistemi come il VTLM solo apparentemente, ormai, possiedono una valenza solo “tattica”, perché la loro disponibilità risulta determinante per il conseguimento di una strategia vincente. In un contesto caratterizzato dalla minaccia asimmetrica, infatti, assicurare la protezione del proprio personale (e della popolazione) non rappresenta soltanto il dovere morale dei vertici militari, in quanto “comandanti di uomini”, ma la sua mancata assicurazione, come dimostrano fatti vissuti da alcuni Alleati, può incidere negativamente sulla volontà politica e sociale del Paese di perseguire gli obiettivi di un’operazione. Mai come negli ultimi anni, infatti, l’industria della Difesa ha ricevuto tanti ordini relativi a nuovi sistemi di trasporto e combattimento finalizzati a migliorare la difesa passiva, oltre ad incrementare il livello di protezione di quelli già esistenti. Tutto ciò, nella maggior parte dei casi, si traduce nella richiesta di maggiore protezione balistica, di strumenti per far fronte ad una minaccia puntiforme ma, nel tempo, insidiosa e difficilmente eliminabile. Naturalmente, in termini di military power, un nemico che si configura come insorgenza o guerriglia non può prevalere su un dispositivo NATO né sulla Coalizione formatasi per l’Operazione Enduring Freedom. Tuttavia, almeno fino all’Offensiva del Tet del 1968, anche i Viet Cong potevano al limite apparire poveri contadini, con un equipaggiamento inadeguato e tutt’al più qualche Kalashnikov. Il Vietnam rappresenta un serbatoio di lessons learned e di altre che non sono state ancora metabolizzate. Il vero problema generato dalle minacce asimmetriche risiede nella conseguenza di dover impegnare una quantità ingente di forze e risorse, umane ed economiche, necessarie per fronteggiare le imprevedibili azioni dell’avversario. Quest’ultimo, inoltre, ragiona nel lungo periodo, prefiggendosi il logoramento psicologico e materiale della parte opposta, anche perché non potrebbe comunque mirare ad una supremazia militare di tipo tradizionale. Di conseguenza, la capacità di assolvere alla missione senza deflettere, ritardare o pregiudicarne gli obiettivi dipende anche dalla disponibilità di assetti in grado di prevenire e ridurre al minimo le conseguenze dell’azione della controparte. Se si assumono queste premesse, peraltro difficilmente confutabili alla luce di quanto si verifica nei teatri d’operazione, si giustifica l’affermazione che determinati sistemi tattici, tradizionalmente considerati tali perché dotati di una capacità d’azione e di fuoco puntiforme, assumono oggi una valenza strategica. Infatti la loro disponibilità in numero adeguato è divenuta un requisito essenziale per contrastare la minaccia (ad esempio dei kamikaze) e perseguire nel lungo periodo lo scopo dell’azione politico-militare. Prendiamo in considerazione uno solo tra gli innumerevoli esempi che, quotidianamente, possiamo trovare nelle newsletter destinate a chi si occupa di problematiche della Difesa.
D’altra parte il successo oltre ogni aspettativa del VTLM Lince, prodotto da IVECO Defence Vehicles (Fig. 1), si spiega con l’impellente necessità di disporre di un veicolo tattico allo Stato dell’Arte che assillò tutti gli attori impegnati in Iraq ed Afghanistan, tanto che molti Paesi fecero la fila per poter avere i loro Lince.
Un incremento della protezione balistica su di un veicolo blindato o corazzato può essere ottenuto mediante l’applicazione di piastre realizzate in lega di titanio, oppure in composito-ceramico. Mentre le esigenze operative imponevano questo tipo di aggiornamento dei carri, esisteva il rischio di aumentare eccessivamente la massa degli stessi, tanto che una fonte attendibile afferma che il noto MBT M1 Abrams, in un periodo che va dagli anni ’80 al 2000, avrebbe visto aumentare la propria massa di sei-otto tonnellate a causa della progressiva introduzione di una maggiore protezione balistica. Anche per l’ala rotante si pongono le stesse priorità del mezzo terrestre, cioè la necessità di operare in presenza di una minaccia diffusa, non prevedibile nel tempo e nello spazio, dotata di un potenziale di fuoco anche minimo eppure pericolosissima (sia per l’incolumità del personale che per i riflessi sull’opinione pubblica e la gestione politica dello strumento militare). Come è facile constatare, numerose specifiche tecniche degli Stati Maggiori si concretizzano non nella nascita di sistemi d’arma del tutto nuovi, piuttosto nell’introduzione massiccia e crescente di nuovi materiali, capaci di consentire il soddisfacimento di quelle stesse specifiche. Questi materiali rientrano tra quelli che solitamente vengono chiamati “innovativi” o “avanzati”, cioè i compositi e ceramici. Pur non costituendo più una novità assoluta, la loro conoscenza è tutt’ora poco diffusa, al punto che perfino su qualche rivista di tematiche militari accade di leggere definizioni inesatte. L’argomento, considerato anche il fatto che oggi non è più possibile parlare di materiali ceramici senza far riferimento ai compositi (e viceversa), è vastissimo. Altrettanto ampio è il ventaglio delle possibili applicazioni militari, che si estendono dalle operazioni di terra all’esplorazione spaziale, senza dimenticare le ricerche (già in atto da alcuni anni) finalizzate allo sviluppo di naviglio con caratteristiche stealth.
II. i materiali compositi: panoramica generale
Come il Lettore ha potuto constatare, ci è sembrato utile ed opportuno introdurre l’argomento dei Compositi iniziando con alcuni esempi concreti, per mostrare come questa classe di materiali sia in continua evoluzione e, quindi, offra grandi margini di sviluppo ed innovazione, in particolar modo nelle applicazioni militari, quindi a livello strutturale, nella protezione balistica dei mezzi di cielo, di terra e di mare, nella missilistica e nei motori a turbina. Una differenza assai significativa che i materiali avanzati, CFRP, possiedono rispetto alle leghe metalliche è proprio la grande chance che si presenta al progettista, il quale può, ed in parte deve, progettare anche il materiale in relazione alle finalità dello stesso. Come dicono gli Americani non fa mai male andare “Back to Basics”, vale a dire “ripassare” la teoria ed i concetti di base. Esistono più definizioni di “composito” ma, in questa sede, faremo riferimento a quella spesso usata dai ricercatori del settore: “materiale ottenuto per unione di due o più materiali, chimicamente e/o fisicamente distinti a livello macroscopico ed insolubili, avente proprietà tecnologicamente superiori a quelle dei componenti sotto uno o più aspetti”.
I vantaggi più evidenti delle applicazioni tecniche (quindi anche militari) dei compositi sono la loro resistenza e leggerezza, superiori a quelle di molti materiali tradizionali. Più esattamente per i CFRP si deve parlare di “Resistenza Specifica”, che risulta molto superiore rispetto ad acciaio ed alluminio, inoltre anche la resistenza a fatica è più elevata. Per quanto riguarda la corrosione è evidente che, se sostituiamo un materiale metallico con uno non-metallico, avremo dei considerevoli vantaggi anche sotto questo profilo. Proprio per questa capacità di resistere meglio alla corrosione i compositi sono stati introdotti anche in quegli impianti industriali, oltre che nei circuiti idraulici dei velivoli, dove determinati fluidi e composti chimici allo stato liquido esercitano un’azione corrosiva di lungo periodo. La struttura interna dei compositi deve essere ben compresa, perché altrimenti non è possibile affrontare l’argomento con la necessaria consapevolezza. I compositi moderni, realizzati mediante procedimenti industriali, sono il risultato dell’unione di una Matrice (materiale massivo di riempimento) con un diverso materiale, che funge da rinforzo. La morfologia e tipologia di questo secondo materiale è alla base di una prima fondamentale distinzione, secondo la quale si hanno compositi a fibre, a fiocchi ed a particelle. Per le applicazioni di un certo rilievo tecnologico, dove cioè è richiesta una performance elevata, i compositi a fibre sono quelli di maggiore interesse. Sempre secondo una definizione scientifica condivisa la fibra è un elemento materiale il cui diametro è molto inferiore alla lunghezza ed è dell’ordine di quello dei grani cristallini. Si è constatato che diversi tipi di materiali, allo stato di fibre, mostrano una resistenza meccanica più elevata, il che si spiega con la quasi-assenza di difetti nel reticolo cristallino. Le fibre impiegate nella fabbricazione dei compositi appartengono a tre famiglie principali:
fibre inorganiche (come vetro, metalli, carbonio, boro), fibre organiche (cellulosa e kevlar) e “whiskers”. Le più note sono le fibre di carbonio, che possiedono una interessante struttura interna, composta da strati di grafite allineati con l’asse della fibra stessa, che per questo motivo avrà una resistenza ed una rigidezza molto più elevate in direzione assiale. Un altro tipo di fibra noto anche al pubblico, ad esempio per le applicazioni nelle carenature delle Moto GP, è il Kevlar, polimero poliammidico con catene molecolari ad elevato grado di allineamento, le cui fibre sono prodotte in un numero limitato di tipi, da quelle economiche a quelle con prestazioni più elevate.
Per le matrici dei compositi prevalgono quelle polimeriche, termoplastiche o termoindurenti, ma per poter “lavorare” in ambienti ad alta temperatura si deve ricorrere all’utilizzo di altri materiali, come nel caso delle matrici metalliche.
Particolarmente importanti sono i compositi a “fibre lunghe”, perché sono proprio questi che daranno le migliori prestazioni, come quelle richieste nelle applicazioni più impegnative, dalla Formula 1 ai veicoli militari, per non parlare dei velivoli da combattimento di IV e V generazione. I compositi a fibre lunghe sono frequentemente detti “a fibre ininterrotte”, perché le fibre sono disposte in fasci continui e paralleli, venendo a formare una sorta di “tessuto” caratterizzato da una trama ben precisa.
Questi materiali hanno un’elevata percentuale di fibre (che può raggiungere il 70%) in relazione al volume totale, il che garantisce eccellenti proprietà ma può rendere più complesso il processo produttivo. Dall’unione della matrice e delle fibre si ottiene un elemento piano che, in linea di principio, possiamo considerare di lunghezza “indefinita”, il che ci permette di fare astrazione dai fenomeni che si verificano ai bordi, cioè dove il materiale in realtà si interrompe. In questo modo abbiamo già definito la “lamina” (Fig. 2), costituente basilare del composito che in effetti è un “laminato” (Fig. 2), cioè è il risultato dell’unione di più lamine.
L’orientamento delle fibre secondo una direzioL’orientamento delle fibre secondo una direzione preferenziale, così come la struttura del laminato, derivante dall’impacchettamento di più lamine, sono di per sé indicative del fatto che, a seconda delle direzioni, le proprietà del materiale saranno diverse, proprio perché è “fatto” in modo diverso a seconda della direzione considerata.Si dice pertanto che un composito è un materiale “anisotropo”, cioè non possiede uguali proprietà secondo tutte le direzioni. Se vogliamo trarre un vantaggio dall’anisotropia dei compositi, occorre attuare uno studio preliminare delle proprietà che vogliamo ottenere, per poi farne un uso mirato ed appropriato all’interno della struttura che ci prefiggiamo di realizzare. In questo modo sarà possibile trarre i maggiori benefici dalle elevate doti di resistenza e leggerezza, ottenendo il massimo della performance dal componente finale (ad esempio un elemento strutturale del Boeing 787, che alcuni chiamano “l’aereo di plastica”, mentre sarebbe più preciso dire che si tratta del primo liner a raggiungere questo livello di impiego dei compositi).
I concetti di Isotropia ed Anisotropia sono fondamentali per comprendere le diverse filosofie di impiego dei materiali metallici e dei compositi. Un materiale è isotropo in un punto, rispetto ad una data proprietà vettoriale, se questa risulta uguale secondo tutte le direzioni uscenti dal punto. Ciò equivale a dire che il materiale in questione risponderà in modo uguale a tutte le sollecitazioni applicate, indipendentemente dalla loro direzione. Se tale proprietà è vera per qualunque punto allora il materiale, oltre che isotropo, si dice omogeneo. Partendo da questi concetti, che in realtà sono molto semplici, come tutte le cose scritte nella Natura, si arriva a capire quando conviene o non conviene impiegare un composito e perché in molte applicazioni i compositi presentano vantaggi notevolissimi rispetto ad altri materiali di impiego tradizionale. Allo stesso tempo, poiché certe definizioni e criteri di progettazione non potranno più essere applicati, avremo che passando ai compositi occorrerà “ripensare” alcuni aspetti, ad esempio definire quando e perché un oggetto va considerato “rotto”, il che non è banale. Un esempio semplicissimo in campo militare è stabilire quando un giubbotto antiproiettile, contenente materiali compositi, dev’essere considerato fuori uso e, quindi, sostituito.Dall’esterno potrebbe ancora sembrare efficiente, cioè in grado di continuare a svolgere la propria funzione di protezione balistica, ma in realtà potrebbe non essere così.
È immediato, pertanto, constatare come i concetti che abbiamo esposto non siano poi così astratti o lontani dalla vita del militare, perché grazie a questi stessi concetti è possibile sviluppare protezioni balistiche in grado di ridurre considerevolmente gli effetti di minacce sempre più diffuse.
Ovviamente l’interesse per i materiali compositi, deve necessariamente passare per la loro analisi e per quelle tecniche che, avendo a che fare con materiali innovativi, tengano il passo per garantirne il controllo in maniera affidabile, efficace e rapida.
La ricerca applicata si muove in molte direzioni e, anche in considerazione dei feed-back pervenuti negli ultimi anni dai Teatri d’operazione, riteniamo giusto ed utile approfondire tematiche relative all’Hardware militare, spesso trascurate rispetto ad altri argomenti quali la network-centricità delle operazioni o le prospettive di “guerra” nel cyberspazio.
III. LE PROPRIETÀ ELETTRICHE DELLE FIBRE DI CARBONIO
Prima di procedere con l’illustrazione della metodologia a Correnti Indotte applicata a materiali e mezzi oggetto dei precedenti paragrafi, è quanto mai opportuno una breve introduzione circa i concetti di caratterizzazione delle proprietà elettriche dei CFRP al fine di consentire una migliore comprensione dei risultati di ispezione presentati nelle sezioni successive.
R. H. Knibbs e J. B. Morris [4] sono riusciti a dimostrare che esiste una relazione lineare tra la resistività elettrica e sin2θ, dove θ rappresenta l’angolo che c’è tra la lamina nominale rispetto all’asse delle ascisse che si sceglie come riferimento (Fig. 3):
Le fibre di carbonio possiedono un’intrinseca conducibilità elettrica, pertanto è lecito aspettarsi che i materiali compositi rinforzati con queste fibre presentino una conducibilità elettrica che si orienti lungo la direzione delle fibre. Tuttavia è stata anche osservata una certa conducibilità elettrica trasversa. La causa di questa conducibilità trasversa va ricercata nello stretto contatto fibra-fibra presente nella lamina. La conducibilità longitudinale cresce infatti linearmente con la parte di volume delle fibre. Ben più complicata risulta invece la relazione che intercorre tra l’incremento della conducibilità trasversale e la porzione del volume delle fibre.
L’anisotropia elettrica del materiale dipende dalla sua frazione volumetrica; da ciò si evince come la conducibilità longitudinale vari tra 5*103 e 5*104 [S/m] mentre la conducibilità trasversa assuma valori che oscillano tra 10 e 100 [S/m].
Quando gli strati unidirezionali sono uniti, schema detto cross-ply (vedi Fig. 4), per formare una lamina di materiale composito, si nota la presenza di una conducibilità, detta conducibilità di cross-ply che, nello specifico, assume un valore pari a 7633 [S/m].
Un’altra caratteristica importante da evidenziare per questa tipologia di materiale, riguarda l’andamento assunto dalle correnti indotte applicate: queste infatti assumono un andamento di forma ellittica causato dall’anisotropia del materiale e dai punti di contatto fibra-fibra interni alla lamina (per meglio comprendere quanto appena affermato, si rimanda alla sezione V dedicata ai risultati di ispezione). In particolare, la conducibilità della lamina dei materiali compositi rinforzati in fibra di carbonio è data dalla seguente espressione:
Dove [R] rappresenta la matrice di rotazione che mette in relazione le componenti del sistema di coordinate primario con quelle del sistema di
coordinate secondario.
[R] e [σ] sono uguali rispettivamente a:
Dove σl rappresenta la conducibilità lungo le fibre, σt la conducibilità trasversa alle fibre e σcross la conducibilità causata dalla sovrapposizione delle lamine unidirezionali.
Questi assi di riferimento, insieme alla matrice delle conducibilità, che è diagonale, sono chiamati assi principali. Quando le fibre sono orientate con un angolo θ arbitrario (come mostrato in fig. 3) rispetto all’asse di riferimento, la matrice delle conducibilità non è più diagonale e si verifica un accoppiamento incrociato rispetto alle componenti precedentemente riportate.
IV. SPERIMENTAZIONE E RISULTATI
La presente sezione contiene il dettaglio dei risultati ottenuti dal processo di simulazione e successiva validazione sperimentale nell’ambito dell’ispezione dei materiali compositi impiegati nei mezzi indicati ai precedenti paragrafi, mediante controllo a Correnti Indotte (Eddy Current Testing, ECT). Al fine di determinare la presenza di difettosità nei materiali oggetto di ispezione, si è proceduto a creare un set-up sperimentale di riferimento. Si è presa ad esame una struttura di laminato CFRP multi-layer con orientazione dei laminati rappresentata in Fig. 5.
In particolare si è investigata l’interazione tra campo elettrico e magnetico nei materiali oggetto di investigazione. L’analisi si è soffermata sulla capacità di rilevazione di difetti di tipo de laminazione (Fig. 6), al fine di fornire dettagli sulla possibilità di analisi di tale tipologia di materiali, mediante controlli rapidi, accurati ed affidabili per migliorarne gli standard qualitativi di indagine.
Nell’ambito dell’ispezione di difettosità in materiali compositi, l’analisi mediante Correnti Indotte risulta di grande interesse dal punto di vista scientifico, oltre che di notevole impatto dal punto di vista applicativo [5, 6]. A differenza dei tradizionali materiali oggetto di indagine mediante tecnica a correnti indotte, i CFRPs sono caratterizzati dal punto di vista elettrico, dall’essere materiali anisotropi, proprio in relazione alla loro struttura composita [5, 6]. Questo aspetto (Fig. 7), che determina una deformazione del normale andamento circolare delle correnti indotte (tipico invece per i materiali metallici) ha aperto un filone di ricerca dedicato allo studio e la modellazione delle interazioni tra i materiali compositi e il campo elettromagnetico, richiedendo approcci di ispezione innovativi [6]
Partendo dai risultati si simulazione che hanno mostrato la capacità dei modelli di riscontrare la presenza di difettosità nei CFRP (Fig. 8), si è proceduto alla validazione sperimentale degli stessi, mediante ispezione ECT con sensoristica GMR [6], partendo dai set-up di cui sopra.
La Fig. 9 mostra, oltre che il set-up investigato, la sovrapposizione tra risultato simulato e valore sperimentale ottenuto in laboratorio. Tale approccio ha costituito la validazione del modello software a partire dalla quale, realizzata la strumentazione di supporto, si è proceduto alla verifica di diversi CFRP oggetto di discussione (Fig. 10 e successive). La stessa indagine è stata estesa a tipologie di CFRP la cui struttura, trattando destinazione d’uso differente, si presenta difforme da quella fino ad ora presentata. Tali tipologie, trovano grande applicazione sui mezzi aerei (elicottero multiruolo NH 90 su tutti, Fig. 11) e sono costituite da strutture note ai più come “a nido d’ape”. Le indagini hanno permesso di ricostruire la struttura interna così da poterne apprezzare lo stato e raccogliere utili elementi/caratteristiche per poter affrontare un’ispezione in real-time degli stessi. Le figure 12 e 13 mostrano i risultati di misura ottenuti.
V. CONCLUSIONI
I procedimenti brevemente illustrati costituiscono uno strumento molto efficace per la verifica non distruttiva quasi continua ed economica d’infrastrutture di mezzi trasporto militari. Essi costituiscono indubbiamente nuovi approcci tecnico-scientifici capaci di scoprire eventuali difetti nelle strutture da adoperarsi durante le normali operazioni di manutenzione ed evitare fermi o incidenti causa avarie.
In particolare, in ambito militare, le strutture subiscono sollecitazioni molto gravose e la necessità che queste siano anche leggere, fa si che la struttura stessa non sia a volte progettata per resistere indefinitamente a queste sollecitazioni; si ammette, anzi, che la struttura stessa sia destinata ad avere una vita utile limitata nel tempo. Di conseguenza, l’esigenza di metodi CnD evoluti si fa sempre più grande e, nello stesso tempo, una maggior affidabilità di tali tecniche passa attraverso il cambiamento di progettazione che va dal “safe-life” al “damage-tolerance”. Metodi di controllo come correnti indotte vengono da anni utilizzati come mezzo per la verifica della rispondenza dei requisiti qualitativi (Controllo Qualità) di un qualunque prodotto industriale ai fini militaristici.
Ovvie considerazioni sulla pericolosità dei rischi di incidenti derivanti da difetti non rilevati su particolari e strutture di mezzi, lasciano intuire quale rilevanza assumono i metodi di indagine non distruttiva nel settore militare, in sede di manutenzione, quali strumento di prevenzione e prezioso contributo alla sicurezza.
In conclusione, i Controlli non Distruttivi sono tecniche che consentono di rilevare discontinuità nel materiale in esame o modifiche rispetto ad un “campione originale”, permettendo quindi di tenerne sotto osservazione i danni fino al momento in cui si avvicina il limite di sicurezza [6]. Per la valutazione quantitativa di dati sono tuttavia necessari supporti software, il più delle volte dedicati, al fine di ridurre in maniera significativa la possibilità di errore dovuta, ad esempio, alla fatica dell’operatore umano. L’affidabilità e l’esattezza dei risultati dipendono dunque da tutto quanto si impiega di volta in volta nella verifica, dalle informazioni complementari che sono a disposizione, dalla idoneità del procedimento per ogni domanda posta e dalla complessità dell’oggetto esaminato. Si è potuto comunque brevemente dimostrare come i risultati ottenuti per mezzo della metodologia proposta, abbia per diversi quesiti un’esattezza ed un’affidabilità sufficienti nella pratica per determinare lo stato di integrità della struttura oggetto d’ispezione.
VI. REFERENZE BIBLIOGRAFICHE
Stato Maggiore della Difesa, Investire in sicurezza, Roma, 2005.
Martin Van Creveld. Martin VAN CREVELD, The Transformation of War, New York, The Free Press, 1991
Antony Cordesman, Iraq, Afghanistan, and the Lessons of Recent Conflicts in the Middle East, Washington D.C., Centre for Strategic and International Studies, ottobre 2004.
R. H. Knibbs, J. B. Morris, The effects of bre orientation on the physical properties of composite, Composites, Vol. 5, No. 5, 209-218, 1974.
M. Cacciola, A Gasparics, G. Megali, D. Pellicanò, F. C. Morabito, T. Farkas, J. Szolloy, Model for Eddy Current Testing of CFRPs, AIRTEC Conference, 2009.
G. Megali, Technology transfer for civil and industrial applications in non destructive testing and evaluation, PHD Thesis, 2011.