Progettare una capsula hyperloop leggera con i materiali compositi
Rachel Keatley
Nel luglio 2019, per il secondo anno consecutivo, il team EPFLoop ha preso parte alla SpaceX Hyperloop Pod Competition. Il gruppo è tornato in pista con una capsula che pesava la metà ed era due volte più veloce rispetto a quella dell’anno precedente. Un fattore che ha contribuito al miglioramento del progetto è stata la modellazione dei materiali compositi.

Tre, due, uno, VIA! Un’affusolata capsula hyperloop vola lungo una pista di prova sotto vuoto lunga un miglio alla velocità di 238 km/h. Un gruppo di studenti di ingegneria osserva in silenzio mentre la capsula, che tutti loro hanno contribuito a progettare e costruire da zero, completa la sua corsa.
Nel 2012, basandosi su idee precedenti, l’imprenditore Elon Musk ha reso popolare il concetto di hyperloop, un metodo di trasporto futuristico estremamente veloce. Per contribuire a rendere questa visione una realtà, l’azienda aerospaziale di Musk, SpaceX, ha annunciato che avrebbe sponsorizzato un concorso di progettazione ora noto come SpaceX Hyperloop Pod Competition. Durante questa competizione, team di ingegneri di tutto il mondo sono invitati a mostrare i loro prototipi di hyperloop e i migliori selezionati hanno l’opportunità di testare i loro progetti sulla pista di prova SpaceX a Hawthorne, in California. Ad oggi si sono svolte quattro competizioni: la prima si è tenuta nel gennaio 2017.
I concorrenti di EPFLoop si sono ripresentati alla SpaceX Hyperloop Pod Competition del 2019, dopo aver migliorato notevolmente il progetto della loro capsula hyperloop. Uno dei miglioramenti più degni di nota? La capsula pesa la metà rispetto alla struttura presentata alla competizione dell’anno precedente! Un fattore che contribuisce alla maggiore leggerezza della capsula è la sua struttura compatta in materiale composito.
Un anno prima della competizione SpaceX Hyperloop del 2019
Nel 2018, il team EPFLoop, composto da studenti di ingegneria e consulenti tecnici della Scuola politecnica federale di Losanna (EPFL) e guidato dal professor Mario Paolone, ha partecipato alla prima SpaceX Hyperloop Pod Competition. Il team si è piazzato al terzo posto, il che è un’impresa impressionante, considerando che oltre 5000 squadre si sono candidate e solo 20 sono state invitate alla competizione vera e propria. EPFLoop ha tanto apprezzato l’esperienza da dedicarsi a un altro anno di lavoro intensivo, nella speranza di qualificarsi per la SpaceX Hyperloop Competition del 2019. Ve lo anticipiamo subito: sono stati invitati di nuovo!
Nella competizione del 2019, l’obiettivo di EPFLoop era quello di progettare una capsula hyperloop leggera che potesse sostenere i carichi strutturali, come carichi inerziali e vibrazioni. Il nuovo telaio della capsula, il serbatoio a pressione e l’aeroshell sono stati tutti incorporati in una struttura compatta. Ognuno di questi tre componenti strutturali è composto da materiale composito in fibra di carbonio.
L’impiego di materiali compositi è vantaggioso, secondo il Dr. Lorenzo Benedetti, leader tecnico del team EPFLoop 2019, perché “permette alla struttura della capsula di assumere una forma specifica, che aiuta molto a migliorare la sua resistenza complessiva e le prestazioni”. Jérôme Harray, studente dell’EPFL e membro del team EPFLoop, concorda: “Lavorare con la fibra di carbonio è stato utile per adattarsi ai vari componenti elettronici e di propulsione”. Harray ha spiegato che, rispetto all’utilizzo dei metalli, la fibra di carbonio ha permesso una maggiore libertà durante il processo di progettazione, poiché è possibile ottimizzare la forma e il posizionamento dei suoi strati. La fibra di carbonio è anche ultra leggera, forte (è ancora più forte dell’acciaio e più leggera dell’alluminio) e rigida, il che la rende un’ottima scelta per costruire un prototipo di capsula hyperloop. Anche se l’utilizzo di un materiale composito nella capsula hyperloop è stata una mossa audace, grazie alla simulazione EPFLoop ha potuto progettare in modo efficiente la struttura della capsula e concentrarsi sulla sua produzione.
I mesi precedenti alla competizione
EPFLoop ha prodotto ogni pezzo della capsula hyperloop internamente, presso il Laboratory for Processing of Advanced Composites (LPAC) dell’EPFL. Oltre a creare pezzi personalizzati in laboratorio, il che è già di per sé una sfida, il team doveva garantire la qualità della sua capsula. Per raggiungere tutti gli obiettivi e rispettare i tempi, si sono rivolti alla simulazione per testare virtualmente diversi aspetti del loro progetto. La simulazione ha permesso a EPFLoop di avere un approccio unificato alla progettazione di ogni singolo componente della capsula. “Ogni volta che avevamo bisogno di testare qualcosa, prima ancora di costruirlo, potevamo sfruttare la potenza della simulazione e prendere decisioni chiave”, dichiara Benedetti.
Considerando che la maggior parte della struttura della capsula è composta da pareti sottili, il team ha cercato uno strumento che potesse modellare in modo efficiente questi componenti come elementi 2D. Di conseguenza, dopo un modello iniziale di geometria solida 3D, le parti in fibra di carbonio sono state trasformate in una struttura a guscio (shell) utilizzando il Design Module, un add-on del software COMSOL Multiphysics®.
Il team ha studiato la resistenza dei principali componenti strutturali della capsula, come il serbatoio a pressione, l’aeroshell e il telaio, sotto carichi dinamici, utilizzando il Composite Materials Module, un add-on dello Structural Mechanics Module, e COMSOL Multiphysics®. I carichi includevano 1 bar sul contenitore a pressione, un picco di 10 kN sul sistema frenante e vibrazioni che generano fino a 1.5 kN per set per il sistema di stabilità. Inoltre, il motore a induzione lineare produce sugli inserti una forza di 2.5 kN durante l’accelerazione e di 3.8 kN durante la decelerazione. Ognuno dei tre componenti (serbatoio a pressione, aeroshell e telaio) è stato modellato usando strati di fibre epossidiche e strati di schiuma. La struttura a sandwich della capsula è stata analizzata usando la teoria Equivalent Single Layer (ESL) attraverso l’interfaccia Layered Shell nel Composite Materials Module. Le uniche parti solide nel modello di EPFLoop erano le connessioni tra i vari pannelli compositi, che sono rinforzate con adesivi epossidici strutturali.
“Questo modello multifisico era necessario perché, in corrispondenza dell’interfaccia tra due componenti incollati, l’adesivo può presentare una distribuzione di sforzi complessa, con il rischio di cedimenti critici”, racconta Benedetti. “Il modello a guscio intrinsecamente non è in grado di catturare tutti i dettagli di una connessione ortogonale tra pannelli, mentre un modello solido rappresenta una valida alternativa per indagare i limiti del progetto scelto.”. Per soddisfare i requisiti di sicurezza di SpaceX, EPFLoop doveva garantire un fattore di sicurezza minimo di due sull’intera struttura e tre per il serbatoio a pressione. Per questo motivo, il team ha utilizzato il criterio di sicurezza di Tsai-Wu così come limiti singoli sugli sforzi principali per raggiungere l’obiettivo richiesto. Grazie alla simulazione, il team è stato in grado di progettare con successo una capsula hyperloop ottimizzata che è il più leggera possibile, pur resistendo ai carichi dinamici con i fattori di sicurezza imposti. Rispetto al progetto della capsula del 2018, “la massa della struttura è stata dimezzata”, afferma Benedetti. La nuova capsula pesa all’incirca 150 kg, mentre quella dell’anno precedente pesava più di 300 kg. La simulazione ha aiutato il team a garantire che il progetto più leggero si comportasse bene in pista. “In un arco di tempo di nove mesi, non possiamo effettivamente testare tutto sperimentalmente, ma a un certo punto dobbiamo essere sicuri dei nostri risultati. Abbiamo avuto molti buoni risultati e li abbiamo confermati”, ha detto Benedetti.
La settimana della competizione
La notte prima di spedire la capsula hyperloop in California per la competizione del 2019, il team EPFLoop ha notato un problema. “A un certo punto, mentre la stavamo testando, la capsula ha cominciato a non funzionare”, racconta Benedetti. Il colpevole era il sistema di propulsione. La capsula consisteva in un innovativo sistema di propulsione composto da un motore a induzione lineare (LIM). Un sistema di questo tipo creava un forte campo magnetico nella capsula e le permetteva di respingere la sua guida di alluminio, una caratteristica importante ai fini dell’accelerazione. Contribuiva inoltre a ridurre il peso complessivo della capsula. Tuttavia, questo tipo di sistema comporta una buona dose di difficoltà. Per esempio, richiede molte correnti, che corrono in bobine saldamente distanziate, e ogni componente del sistema deve essere adeguatamente isolato per evitare perdite di corrente o cortocircuiti.
Il team ha scollegato l’intera capsula e ha scoperto un cavo allentato, che stava causando un cortocircuito nel motore. Dopo una notte insonne, si è riusciti a risolvere il problema: la capsula era pronta per essere spedita. “Questo è stato quasi più eccitante dei test stessi della competizione, perché a quel punto sapevamo di avere qualcosa che funzionava e che era affidabile”, commenta Benedetti. Quella notte, tutti nel team EPFLoop hanno sperimentato in prima persona una lezione importante: “Una volta che ti trovi sul campo e devi trovare una soluzione, allora è importante avere una mente aperta e la capacità di risolvere i problemi su due piedi”. La competizione vera e propria si svolge per una settimana a luglio, iniziando e terminando di domenica. Durante questa settimana, tutti i documenti tecnici dei concorrenti vengono valutati e le loro capsule vengono sottoposte a una serie di prove. “Eravamo talmente preparati per la competizione che mercoledì avevamo già finito la maggior parte dei test”, racconta Benedetti.
Il giorno della corsa
EPFLoop ha ottenuto un risultato impressionante ed è approdata alla gara finale, che è aperta solo alle quattro squadre con i migliori punteggi, per il secondo anno di fila. La loro capsula, Bella Lui, che prende il nome da una montagna delle Alpi Bernesi, era pronta a competere. Il giorno della gara finale, i membri del team si sono riuniti tutti insieme sulla pista, pronti a tifare per Bella Lui. Ma per un membro del gruppo, Nicolò Riva, il giorno della gara finale è stata un’esperienza completamente diversa. Riva ha seguito la gara in live streaming dal suo telefono perché si trovava in Germania a lavorare per il suo dottorato di ricerca. “Ricordo il momento esatto della corsa”, ha detto Riva. È stato un momento dolceamaro per lui, perché era orgoglioso, ma non poteva essere presente alla gara di persona. Anche se Riva ha lavorato al progetto in remoto, è stato comunque parte integrante del team EPFLoop. Per EPFLoop, nove mesi di duro lavoro e notti insonni hanno portato a quelle quattro parole: tre, due, uno, VIA! E la capsula è partita. “Ci siamo assicurati la terza posizione, il che è una grande impresa, perché lo abbiamo fatto con un prototipo completamente diverso rispetto all’anno precedente”, commenta Benedetti. Durante la gara, la loro capsula leggera in composito ha raggiunto una velocità massima di 238 km/h, quasi triplicando la velocità della capsula del 2018, che aveva raggiunto una velocità massima di 84 km/h. Mentre viaggiava a velocità da record, la capsula del 2019 avrebbe potuto frenare (o fermarsi) in sicurezza in meno di 1 secondo con 7 g di decelerazione di picco, una caratteristica altrettanto importante quanto la rapida accelerazione.
Grazie a questo progetto, gli studenti del team EPFLoop hanno imparato a progettare qualcosa di innovativo, creare un prototipo da zero e risolvere i problemi con l’aiuto della simulazione multifisica.