Realtà virtuale e aumentata per salvare le barriere coralline
Le sempre più sofisticate tecnologie di ricostruzione 3D di oggetti mediante fotogrammetria hanno reso possibile effettuare il monitoraggio di intere porzioni di barriere coralline in maniera accurata e sostenibile.

Negli ultimi anni le attività marittime commerciali e turistiche hanno avuto un impatto negativo (diretto e indiretto) sugli habitat marini, in particolare sulle aree corallifere. Incrementi nelle rotture e malattie dei coralli vengono registrati con frequenza sempre maggiore e sono correlati allo sviluppo urbanistico, ai rifiuti, al passaggio di pescherecci e navi turistiche e a grossi flussi di attività subacquea sportiva o turistica. Monitorare la biomassa dei coralli nel tempo e studiare gli effetti di tutti questi fattori sul loro stato di salute, è indispensabile per prevenire danni irreparabili alla ricca biodiversità degli habitat coralliferi. Tuttavia, tale attività è dispendiosa in termini di risorse umane ed economiche impiegate periodicamente per le valutazioni. Inoltre, le misurazioni sono rese difficili dalle profondità e dalle condizioni in cui vengono eseguite.
Negli ultimi anni, le sempre più sofisticate tecnologie di ricostruzione 3D di oggetti mediante fotogrammetria hanno reso possibile effettuare il monitoraggio di intere porzioni di barriere coralline in maniera accurata e sostenibile. Queste tecniche richiedono ai biologi semplicemente di scattare fotografie dei coralli studiati, che poi vengono condivise e ricostruite in 3D da opportuni processi. Le ricostruzioni riescono ad essere sufficientemente accurate da permettere di stimare la velocità di crescita dei coralli e la loro massa, parametri che consentono di determinare quanto i fattori esterni stiano interferendo con tutto l’ecosistema. I risultati hanno già evidenziato grandi differenze tra le biodiversità dei coralli in aree con profondità relativamente basse ed interessate da maggiore stress, e zone con caratteristiche ecosistemiche simili ma inaccessibili o poco frequentate.
Il vantaggio di usare tecniche di ricostruzione 3D, invece di un classico approccio basato sullo studio diretto delle foto, è che la versione 3D di un corallo, prodotta periodicamente, permette di apprezzarne lo sviluppo nello spazio e nel tempo. Inoltre, l’artefatto può essere ispezionato, insieme all’ambiente che lo circonda, mediante la realtà virtuale. Questo consente ai biologi di rivisitare i luoghi dell’immersione ed ispezionarli con calma e con gli strumenti opportuni per ottenere misure precise. L’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del CNR (Cnr-Isti) ha recentemente realizzato un servizio di ricostruzione 3D, che ha messo a disposizione gratuitamente a biologi che si occupano di monitoraggio delle barriere coralline. Questo strumento consente a più utenti di condividere le foto scattate nell’ambiente subacqueo e di lanciare un processo, su una piattaforma di cloud computing, che ricostruisce sia i coralli che l’ambiente circostante in 3D. Successivamente, lo stesso processo genera un’applicazione Web che permette l’esplorazione dell’ambiente con un visore per la realtà virtuale. Il sistema è stato descritto in una pubblicazione scientifica sulla rivista “Concurrency and Computation: Practice and Experience” ed è stato la base di ulteriori pubblicazioni riguardanti lo stato di salute delle barriere coralline. “Con questo sistema, i biologi riescono a ritornare virtualmente nell’ambiente che hanno esplorato e possono misurare le dimensioni e il volume dei coralli come se stessero sott’acqua”, spiega Gianpaolo Coro, Ricercatore del Cnr-Isti. “La realtà virtuale permette loro di analizzare gli oggetti ricostruiti in dettaglio e di ‘nuotare’ per esplorare l’ambiente e pianificare ulteriori missioni di monitoraggio”, spiega Coro. Il sistema di ricostruzione 3D del Cnr-Isti è stato realizzato con la metodologia Open Science, per essere riutilizzabile anche in altri ambiti. Ad esempio, viene attualmente utilizzato anche in ambito ospedaliero, dal centro di simulazione e formazione neonatale NINA dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa (www.centronina.it), per ricostruire oggetti delle sale operatorie e supportare l’insegnamento a distanza. In ambito ospedaliero, e in particolare neonatale, è infatti fondamentale insegnare protocolli di comunicazione, tra ginecologi, neonatologi ed infermieri, che siano efficaci ed efficienti. In questo contesto, fare riferimento ad oggetti virtuali, da visualizzare e manipolare durante le spiegazioni, e avere il supporto della realtà aumentata quando si segue un corso si sta rivelando una strategia di successo.
Riferimenti
Coro, G., Palma, M., Ellenbroek, A., Panichi, G., Nair, T., & Pagano, P. (2019). Reconstructing 3D virtual environments within a collaborative -infrastructure. Concurrency and Computation: Practice and Experience, 31(11), e5028. https://doi.org/10.1002/cpe.5028
Palma, M., Magliozzi, C., Rivas Casado, M., Pantaleo, U., Fernandes, J., Coro, G., & Leinster, P. (2019). Quantifying Coral Reef Composition of Recreational Diving Sites: A Structure from Motion Approach at Seascape Scale. Remote Sensing, 11(24), 3027. https://www.mdpi.com/2072-4292/11/24/3027